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venerdì 7 dicembre 2018

LA MACCHINA DEL TEMPO

Anno Domini 2018.
E' quasi Natale. Tempo di settimane bianche, pranzi, cenoni, uscite con gli amici, presepi, regali sotto l'albero, giochi e risate.
Tempo di bilanci per l'anno appena trascorso, e di propositi per l'anno nuovo. Che se si riuscisse a mantenerne anche solo qualcuno chissà come si starebbe...ma si sa che la volontà è debole.
Ecco, tra i regali sotto l'albero potevano mancare le ultime novità legislative da parte del governo? Naturalmente no. Solo che non mi sarei mai aspettato che, a distanza di 80 anni, potessero essere DI NUOVO promulgate le leggi razziali!

Ecco, dopo questa sparata mi sembra già di sentire certe reazioni e commenti: "PDiota", "buonista", "rosicone", "la pacchia è finita", "radical chic" eccetera. Tutti esempi del campionario pentaleghista già sentiti e strasentiti.

Sapete qual è il vostro problema, cari amici gialloverdi? Che fondamentalmente non siete così cattivi ma, per mille cause diverse, avete una visione del mondo estremamente povera e limitata. Per voi o è tutto bianco, o è tutto nero. Per voi, se qualcuno dice qualcosa in disaccordo con i vostri leader, è per forza di cose un "PDiota".
Beh, mi dispiace sinceramente per voi, dico davvero. Mi dispiace che non siate in grado di cogliere i milioni di sfumature che può avere il pensiero umano, e mi fa incazzare a bestia, quello sì, che siate così facilmente manipolabili da persone appena appena più furbe di voi che vi indicano, di volta in volta, il nemico da colpire con tutta la vostra rabbia repressa: vedi ad esempio la manifestazione dell'8 dicembre e le foto dei "nemici" con la didascalia "io non ci sarò". Uno scenario decisamente orwelliano.

Sapete che c'è?

C'è che se questa vostra povertà di pensiero non fosse salita al potere e non fosse potenzialmente devastante, beh, probabilmente nessuno vi direbbe nulla. Vi si lascerebbe in pace nel vostro limbo, o se preferite nel vostro tavolo preferito del bar, a parlare di tutto e di niente con l'aria di quelli che ne sanno perché sono cresciuti all'università della vita. Solo che, vista la situazione, stare zitti significa essere complici delle vostre malefatte presenti e future. NO GRAZIE.

Dove voglio arrivare?

Torniamo alla mia sparata:  LEGGI RAZZIALI. Due paroline che evocano un periodo buio della nostra storia, e che i pentaleghisti si affannano continuamente ad allontanare, dicendo che le loro scelte non c'entrano nulla col razzismo. Peccato che poi i fatti dicano altro. In particolare, un paragrafo della legge finanziaria che riguarda le famiglie di immigrati REGOLARI che vivono e lavorano qui in Italia pagando regolarmente le tasse, che hanno 3 o più figli a carico, e con un ISEE inferiore a 30000 euro. Ecco, finora queste famiglie, al pari di quelle italiane, avevano accesso tramite la "Carta della famiglia" a sconti e tariffe agevolate presso negozi ed enti aderenti all'iniziativa. Tutto regolare: chi paga le tasse regolarmente ha diritto ad accedere ai servizi...finora.

Già, perché la legge finanziaria ha TAGLIATO questa possibilità, riservandola SOLO ai cittadini comunitari. Gli altri, nisba.

Alla faccia di chi dice che "chi viene qui per lavorare e si comporta bene è mio fratello". Chi è già che lo dice sempre? Ah si, un certo signore che spesso si veste di verde...

Se non è razzismo, questo, allora cos'è? No perché io non trovo altri termini per definirlo...


martedì 18 settembre 2018

UN RISCHIO CALCOLATO?

Chi mi conosce sa che tendo ad essere piuttosto critico nei confronti dell'attuale governo Lega-5 Stelle, pur non risparmiando appunti anche a chi prima deteneva il potere. In tutto questo cerco di essere onesto: se una cosa ritengo sia fatta bene, chiunque l'abbia fatta, ha il mio plauso. Così come, se ritengo sbagliato un provvedimento, riceverà le mie critiche qualunque sia la provenienza. Insomma, questo blog NON GUARDA IN FACCIA A NESSUNO, tanto per essere chiari.

Perché questa introduzione? Beh, di norma non sarebbe necessaria, ma con i tempi che corrono è doverosa: se critichi le scelte dell'attuale governo, sei bollato automaticamente come "zecca comunista" o "seguace del PD" dai fan più sfegatati del "capitano". Insomma, il diritto di critica e la libertà di opinione, per alcuni, sono un optional.

Mi sono dilungato troppo, veniamo al dunque.

In questi giorni, tra le tante proposte al vaglio del governo Conte (ricordiamocelo ogni tanto: CONTE, non SALVINI), ce ne sono due in particolare che mi hanno colpito: quella sulla detenzione delle armi da fuoco, e il cosiddetto "Decreto Pillon", dal nome del senatore leghista primo firmatario.

Partiamo dalla normativa sulle armi (che è GIA' LEGGE dal 14 settembre 2018): cosa cambia?

Ecco il riassunto in soldoni:

  • Raddoppio delle armi sportive di cui è consentita la detenzione (da 6 a 12)
  • Aumento dei proiettili consentiti nei caricatori delle armi sportive corte (da 15 a 20)
  • Aumento dei proiettili consentiti nei caricatori delle armi sportive lunghe (da 5 a 10)
  • Obbligo, per chi detiene armi sportive, di appartenenza ad un'associazione di tiro (senza l'obbligo di presentarsi regolarmente ad un poligono o di seguire corsi specifici)
  • Vendita delle armi di derivazione militare (come fucili AR15 o AK-47 "Kalashnikov") consentita solo ai tiratori sportivi
  • Diminuzione della durata della licenza per le armi da caccia (da 6 a 5 anni)
  • NON obbligo di avvisare i familiari/conviventi del possesso dell'arma
Non essendo del settore, non posso dire a priori se questo provvedimento sia giusto o sbagliato. E' interessante però notare come il sig.Salvini si sia impegnato formalmente all'Hit Show, la fiera delle armi di Vicenza, a varare un provvedimento volto ad aumentare le vendite di armi da fuoco. Nessuna illazione, tutto documentato. Un favore in pieno stile americano che, indubbiamente, muoverà un bel mucchio di soldi in direzione dei produttori di armi, e una manciata di voti verso la Lega. 

Veniamo ora al Decreto Pillon, attualmente in discussione. Eccone i punti salienti:
  • Cancellazione dell'assegno di mantenimento per i figli, sostituito da una divisione delle spese tra i genitori
  • Divisione equa del tempo passato con i figli
  • Indennizzo per il genitore che lascia la casa di proprietà all'altro genitore
  • Obbligatorietà della mediazione familiare
Posto che il primo punto secondo me rischia di scatenare una lotta all'ultimo scontrino tra due persone già in conflitto, mi soffermerei sull'ultimo punto: l'obbligatorietà della mediazione familiare tramite avvocato/psicologo/altro soggetto abilitato per avviare l'iter di separazione. Al momento, questa possibilità esiste già, ma è solo un'opzione prevista dal nostro ordinamento. Così, diventerebbe un obbligo. Da notare, lo Stato non scucirebbe neanche un euro: tutta la procedura è a carico dei coniugi che si vogliono separare.

E' evidente che, con questa mossa, vi sia la volontà di rendere più difficili le separazioni frapponendo un ostacolo economico (Pillon è noto per le sue posizioni politiche ultra-religiose). In questo calderone, purtroppo, rischiano di finire anche le vittime di violenza domestica che, se sono già in difficoltà economica, avranno una "ragione" in più per NON denunciare il partner violento e che, se anche lo facessero, affronterebbero un percorso giudiziario interminabile e ricco di incognite. Nel frattempo, se ci sono bambini, sono tutti cavoli loro, dovendo avere obbligatoriamente a che fare con un genitore abusante che, fino a prova contraria, per la giustizia è INNOCENTE.

Come per la legge sulle armi, è interessante notare un dettaglio: che mestiere fa il signor Pillon? Ma guarda che combinazione, avvocato con master in mediazione familiare!! Non ci sarà mica un leggerissimo conflitto d'interessi? Ma no, cosa dico, questo è il governo del cambiamento...intanto, sul suo sito web, ha preannunciato imminenti novità proprio in tema di mediazione familiare.

Ora, mi chiederete: qual è il nesso dei due provvedimenti, a parte la provenienza leghista e il sospetto conflitto di interessi?

Ecco il mio parere: se passasse il Decreto Pillon così com'è, questo, in combinazione con la nuova legge sulle armi, costituirebbe una miscela ESPLOSIVA.

Eh sì. Proviamo ad immaginare una famiglia che non naviga nell'oro, e che ha problemi tali da giungere al proposito di separarsi: c'è da affrontare il costo della mediazione. A quel punto che si fa? Si va avanti col rischio di andare ancora più in difficoltà economica, uno dei due se ne va di casa (dove? Dai genitori, se ci sono ancora? Sotto a un ponte? E con i bambini, come facciamo?), o si prova a convivere nonostante tutto? 

In tutti e tre i casi, c'è una possibilità concreta: quella che salti fuori un'arma da fuoco di cui nessuno sapeva niente, e che qualcuno, esasperato o comunque già di per sé incline alla violenza, SPARI. Non facciamo finta di stupirci, succede già adesso, e se davvero passasse questa nuova normativa così com'è prepariamoci pure a piangere per molte altre tragedie familiari.

Ci avranno pensato i politici leghisti, a questa eventualità? Gliene importa qualcosa se qualche donna in più ci lascerà sicuramente le penne per mano di un partner pistolero? Ci pensano, gli elettori della Lega, i fans più sfegatati del "capitano", o hanno annullato completamente la loro capacità di ragionamento delegandola a Salvini e alla sua ciurma?

A voi i commenti!!

FONTI:











martedì 17 ottobre 2017

LICENZA POLITICA-Parte 1: il diritto di voto

Il voto: un diritto che riteniamo (giustamente) sacrosanto, e che è stato oggetto di durissime lotte nel corso dei secoli: se ora ci rechiamo normalmente alle urne, senza limitazioni e costrizioni di sorta, è solo grazie a chi ha lottato prima di noi, pagando talvolta con la vita il suo impegno e i suoi ideali. La domanda che mi pongo è: noi, che ci rechiamo alle urne nella nostra epoca, sappiamo quanto sia importante il diritto/dovere di voto? Siamo in grado di esercitarlo consapevolmente? Selezioniamo in maniera adeguata le informazioni di cui siamo bombardati quotidianamente per farci un'idea e fare una scelta motivata e circostanziata?

Ecco, vedendo il proliferare dell'ignoranza, dell'analfabetismo funzionale, del populismo che parla alla pancia, e non alla testa, delle persone...purtroppo mi viene da rispondere NO, alle suddette domande.
Faccio un esempio: qualche sera fa, in televisione, si vedevano alcune persone che dichiaravano la loro assoluta contrarietà al cosiddetto "ius soli" (non voglio né sponsorizzarlo né contrastarlo, è solo un esempio, sia chiaro). Poi però, gli si chiede cosa voglia dire esattamente la locuzione "ius soli", e non sanno rispondere, né sanno da quale lingua venga. Gli si chiede di coniugare un congiuntivo e loro, che si spacciano per i paladini dell'identità italiana, storpiano orribilmente la nostra meravigliosa lingua con strafalcioni che manco alla scuola primaria. Anche per scritto, soprattutto sui social network dove si leggono i peggiori orrori da matita rossa formato gigante. Non ci sono scuse per un'ignoranza di questa portata: la padronanza della lingua o ce l'hai o non ce l'hai, le H del verbo avere (tanto per fare un esempio) si DEVONO saper usare al volo, senza pensarci, sono nozioni da scuola PRIMARIA (o elementare, se preferite) e la fretta di scrivere non è una scusa. Se sbagli le H, o se non sai articolare correttamente una frase non sei di fretta, sei un IGNORANTE.

Dove voglio arrivare? Ecco il punto: da persona mediamente istruita, posso accettare il fatto che il mio voto abbia esattamente lo stesso peso di quello di un analfabeta funzionale, o di un analfabeta e basta? E' accettabile che l'opinione di chi si informa un minimo abbia lo stesso peso di quella di chi non si informa per niente e crede a tutto ciò che gli raccontano annullando il proprio senso critico, ammesso che ce l'abbia mai avuto?

La mia risposta è NO. Anche perché, col crescere dell'ignoranza e dell'analfabetismo, funzionale e non, se saltasse fuori qualcuno con l'interesse a mantenere nell'ignoranza i propri governati (e chi ci dice che non ci sia già??), avrebbe gioco facilissimo ad intercettare i loro voti. Dove porterebbe una simile deriva non è dato saperlo (al momento), ma è certo che non porterebbe alcunché di buono.

Come difendersi da una simile eventualità? La mia risposta è "istituendo il patentino del votante".
Di cosa si tratterebbe?
Si tratterebbe di un semplice test a risposta multipla (ossia "a crocette"), che verrebbe corretto in automatico da un lettore elettronico (come si fa già per alcuni esami scolastici). Questo test conterrebbe semplici domande di cultura generale e sarebbe politicamente NEUTRO: servirebbe solo a misurare il grado di istruzione e di consapevolezza di chi si appresta ad esercitare il proprio diritto di voto. Tra le varie domande, ne inserirei alcune (molto semplici) a mo' di capestro: se sbagli una di quelle sei bocciato in automatico, anche se hai risposto correttamente a tutte le altre. Analogamente alla patente di guida, anche il patentino del votante avrebbe una scadenza, modulata in base alla fascia d'età, e l'accesso alla prova d'esame sarebbe assolutamente gratuito e illimitato: se si venisse bocciati, si potrebbe ritentare gratis alla prima data disponibile. 

Una buona istruzione di base è fondamentale per esercitare consapevolmente il diritto/dovere di voto, qualunque sia la scelta espressa
Dite che sono antidemocratico? Chissà, magari avete ragione. Ora proviamo a fare un esempio: lascereste guidare la vostra fantastica Ferrari appena uscita dal concessionario (se non vi piace la Ferrari immaginate una qualsiasi auto di lusso a scelta) a un diciottenne qualsiasi col foglio rosa?

No vero?

Ecco. Ora metteteci il diritto di voto, al posto della Ferrari.

Avete ancora il coraggio di dire che sono antidemocratico?

Alla prossima puntata!!

lunedì 3 luglio 2017

UN ABBRACCIO MORTALE-parte 4

Clicca qui per leggere la terza parte

Anni '70 e '80: le voci sulla presunta pericolosità dell'amianto e dei suoi derivati stanno uscendo dall'ambito ristretto della medicina del lavoro, diffondendosi così anche tra la popolazione, che quindi comincia a diffidare e a chiedere risposte. Le grandi industrie, vedendo minacciati i propri interessi economici, fanno di tutto per insabbiare la verità attuando campagne di contro-informazione (ma sarebbe più corretto dire "disinformazione") e di pressioni a livello anche politico, per evitare l'emanazione di regolamenti restrittivi. E' in un ambito come questo che si inseriscono personaggi come Stephan Schmidheiny e il barone Cartier de Marchenne: due nomi che in Italia abbiamo imparato a conoscere nell'ambito del processo Eternit, in cui, finalmente, sono emerse le loro nefandezze. Schmidheiny, a dispetto dell'aura filantropica che si è costruito negli anni, nella vicenda Eternit ha mostrato tutt'altro volto: quello di un imprenditore completamente privo di scrupoli, che ha esposto consapevolmente le proprie maestranze al pericolo mortale rappresentato dalle fibre di amianto. Questo personaggio infatti divenne amministratore delegato della Eternit all'inizio degli anni '70, quando ormai la pericolosità di questo materiale era nota a tutti i grandi manager e industriali del settore. Come poteva non sapere? Impossibile, ed infatti nelle carte del processo emerge la volontà di "mettere a tacere" gli operai dando loro delle mascherine inefficaci, ma che sortivano un notevole effetto psicologico. Solo dopo si scoprirà che quei mezzi di protezione nulla potevano contro le fibre di amianto, troppo sottili per essere fermate.

Il procuratore Raffaele Guariniello: grazie alla sua opera è stato possibile portare in giudizio Stephan Schmidheiny e il barone De Marchenne

Tutto questo ha portato a formulare l'accusa di omicidio volontario: un reato per cui non esiste prescrizione e che, se fosse rimasta in piedi l'accusa, avrebbe fatto finire Schmidheiny dritto sparato in galera, anche senza le altre accuse come quella di disastro ambientale per cui, purtroppo, la prescrizione è invece intervenuta. Purtroppo, l'accusa è stata de-rubricata ad omicidio colposo a fine novembre 2016. Il che significa ricadere nell'incubo prescrizione anche per i morti di Casale Monferrato, Bagnoli, Cavagnolo e Rubiera.
Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, ci si può rifare alle parole dell'ex-procuratore Raffaele Guariniello, vera anima del processo Eternit, il primo che ha osato sperare di poter fare giustizia in un caso tanto spinoso: stando alle sue parole infatti, ora il magnate svizzero (che aveva cercato di salvarsi offrendo un risarcimento, rifiutato, al comune di Casale Monferrato) dovrà rispondere di ogni caso, attuale e futuro, di morte per malattie asbesto-correlate tra i suoi ex dipendenti e tra gli abitanti delle città in cui sorgevano i suoi stabilimenti. Questo infatti ha stabilito la Corte Costituzionale.

Nel frattempo, l'anziano barone Cartier de Marchenne è deceduto: personalmente, non mi sento di augurargli di bruciare eternamente all'inferno, non spetta a me decidere. Tuttavia, mi piace pensare che, una volta morto, si sia trovato di fronte le anime di tutti coloro di cui ha causato la morte per la sua avidità...e che sia stato punito di conseguenza.

Tornando sulla terra, sperando che la giustizia umana faccia VERAMENTE il suo corso e il "filantropo" Schmidheiny paghi le sue colpe, c'è un grosso neo: la prescrizione del reato di disastro ambientale che, nel caso specifico, non avrebbe alcun senso. Il disastro infatti è tuttora in corso: nelle cittadine che ospitavano gli stabilimenti Eternit il rischio rappresentato dal "polverino" di amianto è quanto mai reale ed attuale, molti edifici anche pubblici sono stati costruiti con elementi in eternit, senza contare i pazzi incoscienti che, spaventati dai costi di smaltimento, si sbarazzano in aperta campagna di pericolosissime lastre scheggiate, libere di rilasciare nell'ambiente le loro fibre mortifere. Perché è questa la situazione più pericolosa: se il pezzo contenente amianto è integro, lo si può considerare innocuo, almeno nel breve periodo. Il problema però è che siamo di fronte a una bomba ad orologeria, pronta ad innescarsi alla prima crepa.

Che fare dunque? Come affrontare questo nemico tanto subdolo?

CONTINUA...


venerdì 26 maggio 2017

UN ABBRACCIO MORTALE-parte 3

Clicca qui per leggere la parte 2

1952: sessant'anni dopo la nascita dei primi sospetti sulla nocività dell'amianto, il velo di omertà sull'argomento iniziò ad assottigliarsi, ad opera del dott. Knox. Costui, assistendo ad un convegno del famigerato laboratorio Saranac (quello delle ricerche "vendute" alle aziende dell'amianto), intuì che c'era molto di più da sapere rispetto a quanto si raccontava ufficialmente, e così chiese aiuto all'epidemiologo Richard Doll.

Doll condusse una ricerca presso lo stabilimento Turner&Newall di Rochdale (dove aveva lavorato e si era ammalata Nellie Kershaw, e dove lavorava anche Knox). Nel 1955 Doll completò il lavoro stabilendo senza ombra di dubbio la connessione tra amianto e mesotelioma, ma la Turner&Newall si oppose fermamente alla pubblicazione. L'unico modo per aggirare l'ostacolo fu quello di omettere la firma di Knox, il cui nome comparve indirettamente nei ringraziamenti.

Nel frattempo, si erano aperti altri fronti: negli anni 40 in Sudafrica, un medico che lavorava nei pressi di una miniera di amianto blu (una particolare varietà del minerale) notò un insolito proliferare del mesotelioma tra i suoi pazienti, e decise di sottoporre il caso ad alcuni epidemiologi. Il quadro che ne emerse fu terrificante: i casi di mesotelioma e asbestosi non riguardavano soltanto i minatori, ma anche estranei, magari persone che abitavano nei pressi, o che avevano giocato da bambini tra gli scarti della miniera.

Questo studio, uscito nel 1960, diede l'impulso ad altri medici per compiere ulteriori ricerche: nel 1964 il dr. Selikoff presentò un lavoro in un convegno all'Accademia delle Scienze di New York, in cui emergeva la presenza del mesotelioma non solo nei lavoratori dell'industria dell'amianto, ma anche in persone che poco o nulla avevano a che fare con tale ambito. Questa circostanza fu confermata da un'indagine del londinese Newhouse, in cui emerse che, dei casi esaminati, circa la metà riguardava persone estranee all'industria dell'amianto, ma quasi tutti avevano convissuto con un lavoratore di quest'industria, o abitavano a poca distanza da uno stabilimento. Da qui, iniziò a circolare l'ipotesi che le fibre di asbesto fossero pericolose anche a basse concentrazioni.

Tornando al dr. Selikoff, come prevedibile, il suo lavoro incontrò l'ostilità e l'ostracismo dei colossi dell'amianto, che fecero di tutto per difendersi, sia cercando di corromperlo (senza riuscirci), sia organizzando campagne di propaganda e contro-informazione per contrastare la diffidenza crescente verso il materiale. Essi sottolinearono che l'amianto aveva risolto molti problemi della vita quotidiana, e che questi benefici superavano di gran lunga i presunti rischi. Non mancarono nemmeno le pressioni a livello politico, al fine di impedire che venissero varati regolamenti restrittivi, tali da pregiudicare i profitti delle industrie.

Tuttavia, i loro sforzi ebbero effetto sempre minore: nel 1969 l'Inghilterra e l'Australia vietarono l'utilizzo dell'amianto blu, mentre le ricerche compiute nel corso degli anni si diffondevano sempre più a livello europeo. Nel 1977, l'amianto fu etichettato come "cancerogeno certo" dall'Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro di Lione. Nonostante questo, la lotta dei colossi dell'amianto contro quella che ormai era una verità acclarata durò ancora a lungo.

martedì 16 maggio 2017

UN ABBRACCIO MORTALE-parte 2

Clicca qui per leggere la prima parte

Nella prima parte abbiamo visto l'ascesa dell'amianto in campo industriale e civile, e i primi problemi che essa ha comportato per la salute dei lavoratori: il caso di Nellie Kershaw rappresenta un esempio emblematico di ricerca esasperata del profitto e di negazione ad ogni costo della pericolosità di questo materiale, fino alla resa davanti all'evidenza clinica. Le particelle di amianto non erano certo finite da sole nei polmoni di Nellie e degli altri lavoratori che presentavano identici sintomi, per cui questa vicenda portò al varo sul suolo britannico di un primo regolamento a tutela dei lavoratori stessi. Fu un traguardo terribilmente faticoso da raggiungere: i primi sospetti sulla nocività dell'amianto erano emersi già molti anni prima del caso Kershaw, ma insabbiamenti, interessi economici e negligenze assortite rallentarono in maniera drammatica la ricerca della verità.

Ora, questa vicenda avrebbe dovuto, in teoria, essere di esempio: pur essendo un materiale estremamente utile e versatile, l'amianto andava trattato con cautela. Magari, visto l'inciampo causato dalla scoperta dell'asbestosi, sarebbe valsa la pena condurre studi più approfonditi. Cosa che, udite udite, fu fatta...nella Germania nazista.

Ebbene sì. Gli scienziati del Terzo Reich si erano insospettiti per via della proliferazione, tra i lavoratori dell'amianto, di un tipo di tumore particolarmente raro ed aggressivo: il mesotelioma. Certo, il lunghissimo periodo che può trascorrere tra l'esposizione alle fibre nocive e l'insorgenza della malattia non aiutò la comprensione del problema, né, all'epoca, era disponibile un sistema rapido ed efficace di elaborazione dei dati (il computer e Internet sarebbero venuti molti anni dopo). Eppure, già nel 1937, erano riusciti a stabilire con certezza la correlazione tra amianto e mesotelioma e, nel 1943, il governo tedesco approvò il riconoscimento di un indennizzo per malattia professionale ai lavoratori malati. La guerra in corso, e tutte le sue conseguenze, fece sì che questa ricerca perdesse di credibilità e cadesse nell'oblio per molti anni.

Pare assurdo dirlo, ma nel caso dell'amianto e delle malattie ad esso correlate, il regime hitleriano tenne un comportamento esemplare (ovviamente solo verso alcune categorie di persone: gli internati venivano mandati a lavorare nelle fabbriche di amianto senza troppi problemi). A differenza di altri governi: negli Stati Uniti, furono condotti studi che conducevano alle medesime conclusioni a cui erano arrivati tedeschi e inglesi, ma purtroppo il loro scopo era ben diverso, a causa principalmente di chi li svolse per primo: il dott. Anthony Joseph Lanza. 
Costui, dopo aver lavorato per il servizio di salute pubblica ed essersi fatto le ossa tra i malati di tubercolosi e i problemi derivanti dall'inalazione delle polveri, passò alle dipendenze della Metropolitan Life Insurance Company, il cui scopo era quello di offrire assistenza medico-legale ad imprese ed assicurazioni. 
Nel 1929, fu incaricato dai suoi datori di lavoro (per conto delle principali industrie dell'amianto) di scoprire se la fantomatica asbestosi esistesse veramente. Lo scopo del suo studio però non era tanto quello di tutelare la salute dei lavoratori, bensì aiutare le imprese a mettersi al riparo da eventuali azioni legali. Il tutto alla faccia della sua etica di medico, e in nome del profitto.
La pubblicazione del suo lavoro, avvenuta nel 1931, subì fortissimi condizionamenti da parte delle industrie clienti, che fecero in modo di edulcorare le conclusioni di Lanza, evitando la pubblicazione degli allarmanti dati emersi.

Finita qui? Macché. Nel 1932, Lanza proseguì la sua opera di anima nera richiedendo ad un collega dell'US Bureau of Mines di eseguire radiografie su alcuni lavoratori dell'amianto, pregandolo però di tenerne riservati gli esiti. L'anno successivo, il medico del Bureau of Mines, probabilmente in crisi di coscienza, chiese a Lanza se non fosse il caso di avvertire i lavoratori, in modo che potessero tenere comportamenti atti a diminuire il rischio. Quest'ultimo, anche alla luce del suo ruolo tutto a favore delle aziende produttrici, rispose negativamente.

Dulcis in fundo, la ditta Johns-Manville (una delle committenti dello studio pubblicato nel 31) decise di eseguire controlli periodici sulle concentrazioni di polveri d'amianto nel suo stabilimento, sempre per ripararsi dalle azioni legali, che si facevano via via più numerose. Lanza, sempre lui, raccomandò il laboratorio Saranac di New York per eseguire questi controlli. Lo studio, foraggiato anche da altre aziende, era però vincolato da un contratto di proprietà: in pratica, tutti i suoi risultati e conclusioni diventavano di esclusiva proprietà delle aziende committenti, le quali potevano disporne come meglio credevano. Incluso, naturalmente, il diritto di censura totale o parziale su un'eventuale pubblicazione.

Un'omertà degna delle peggiori organizzazioni mafiose.

Nel 1952, finalmente, il muro di silenzio cominciò a scricchiolare, ad opera dei dott. Knox e Doll...

martedì 9 maggio 2017

UN ABBRACCIO MORTALE-parte 1

Quante volte, nella nostra vita, facciamo scelte che si rivelano sbagliate a posteriori?

Magari diamo fiducia ad una persona, ci fidiamo, ci confidiamo...ed essa ci ricambia nel peggiore dei modi.

Ecco, non accade solo con le persone, ma anche con la scienza e con la tecnica: abbiamo fatto una scoperta importante, è uscita una tecnologia nuova che ci ha cambiato la vita, tutti ci hanno guadagnato, dai produttori ai consumatori, e poi...

E poi ci sbatti la faccia nel peggiore dei modi, perché si scopre che ci sono dei problemi. Magari irrisolvibili. Magari chi guadagna da questa innovazione lo sa, e non te lo dice per anni; e magari le conseguenze sono letali...

Come nel caso dell'amianto.

Alla fine dell'800, la scoperta dei possibili impieghi di questo materiale, molto comune in natura nelle sue varie forme, equivalse alla scoperta del Sacro Graal: è fonoassorbente, ha una buona resistenza a trazione, resiste al fuoco ed al calore, isola dall'elettricità...insomma, non un materiale qualsiasi da costruzione, ma IL materiale da costruzione per eccellenza. Non solo: esso ebbe una fortuna enorme in campo industriale, trovando applicazione nei filtri delle maschere antigas, nel processo di filtrazione del vino, nelle stazioni di saldatura (come isolante termico), negli impianti frenanti, nelle tute anti-fuoco dei pompieri...e in moltissimi altri casi. Ci si può quasi azzardare a dire che la scoperta dei possibili impieghi dell'amianto equivale, da sola, ad una mezza rivoluzione industriale.

Solo che...

Solo che, come spesso accade, un progresso così marcato e sconvolgente ha un prezzo da pagare. Nel caso dell'amianto il conto si è rivelato salatissimo, e a tutt'oggi non sappiamo ancora a quanto ammonti e quando finiremo di pagarlo.

Che le fibre di questo materiale siano pericolose lo si sa da molto tempo: il primo caso documentato di malattia professionale da esposizione risale al 1924, quando Nellie Kershaw, operaia presso la Turner Brothers Asbestos di Manchester, morì un anno e mezzo dopo essere stata dichiarata malata ed inabile al lavoro dal dr. Walter Joss, a causa di un'intossicazione da amianto. Per tutto questo periodo, la povera Nellie smosse mari e monti per ottenere un indennizzo dai suoi titolari, ma essi rifiutarono di riconoscerle alcunché, negando a priori la pericolosità del materiale, ed attaccandosi al fatto che, all'epoca, tale presunta pericolosità non era stata certificata da alcuno studio. La loro meschinità fu tale che rifiutarono persino di contribuire alle spese per il suo funerale, con la scusa di "non creare un precedente pericoloso". Tuttavia, la diagnosi del dr. Joss ebbe il merito di smuovere le acque: il coroner E. N. Molesworth fu, di fatto, obbligato ad aprire un'inchiesta per "morte sospetta". L'autopsia, condotta dal dr. Mackichan, inizialmente attribuì la morte di Nellie a "tubercolosi e collasso cardiaco", ma l'analisi al microscopio dei polmoni diede la svolta: l'esame, condotto dal dr. Cooke, evidenziò "vecchie cicatrici dovute ad una tubercolosi curata" e, in più, una vasta fibrosi, in cui erano visibili "particelle di natura minerale di varie forme, ma quasi tutte con angoli appuntiti". Il confronto con alcuni campioni di polvere fece definitivamente luce sul caso: erano particelle di amianto, che avevano causato la fibrosi polmonare, e quindi la morte, di Nellie Kershaw.


Nellie Kershaw (1891-1924), prima vittima riconosciuta dell'asbestosi (immagine tratta da en.wikipedia.org)
Interrogato in merito, il dr. Joss riferì di vedere 10-12 casi simili all'anno, tutti in lavoratori esposti a polveri di amianto. Nel 1927 il dr. Cooke, pubblicando il caso di Nellie, coniò il termine "asbestosi polmonare".
In seguito al caso Kershaw, il parlamento inglese non stette con le mani in mano, ed aprì un'indagine, il cui risultato stabilì che il 66% degli operai esposti all'amianto per 20 anni o più avevano sviluppato l'asbestosi. Da qui si procedette all'emanazione di un primo regolamento per l'industria dell'amianto, che ebbe effetto sul suolo britannico a partire dal 1 marzo 1932.

Il peggio, però, doveva ancora arrivare...


venerdì 5 maggio 2017

UNA STORIA DI ORDINARIA DISUMANITA'

Speravo, davvero, che fosse una bufala. Anche perché la prima volta che l'ho letta, non veniva da una fonte propriamente affidabile. Per cui, nel mio piccolo, vai di fact-checking: una ricerca rapida su Google, nella speranza di trovare una smentita...che non c'era.

A quanto pare, è tutto vero.

L'umanità, intesa come empatia e capacità di abbinare testa e cuore nelle decisioni, se ne sta bellamente andando a farsi fottere. Scusate il linguaggio, ma di fronte ad un fatto del genere, sono stato ancora gentile.

Cosa succede?

Succede che c'è una mamma, Daniela Musso, originaria di Ribera (Agrigento), che si è dovuta trasferire al nord col marito in cerca di lavoro. Purtroppo, il sospirato impiego non arriva subito. In compenso arrivano i servizi sociali, prendono i due figli piccoli della coppia, e li mettono in una comunità protetta. 

Già qui è un'assurdità: smembrare una famiglia in difficoltà non è esattamente il miglior modo di aiutarla, soprattutto dal punto di vista dei più piccoli, che si vedono sradicati da un giorno all'altro dal loro contesto abituale. Una toppa riesce a mettercela mamma Daniela che, dopo una battaglia legale, ottiene di poter stare con loro. E' già qualcosa, anche se la situazione continua ad essere anormale: già una famiglia è in difficoltà per mancanza di lavoro (che, ricordiamolo, è un DIRITTO sancito dalla nostra COSTITUZIONE), in più ci si trova ad affrontare un distacco forzato, a cui si deve porre parzialmente rimedio affrontando ulteriori difficoltà e spese.

Pensate che sia finita? Magari...

Mamma Daniela si ammala di cancro. La malattia progredisce, fino ad arrivare allo stadio terminale.

Si dice che l'unione faccia la forza e questo, nel caso di una famiglia in cui ci si vuole bene, non è solo vero, è SACROSANTO. Un destino amaro, per quanto ineluttabile sia, è più sopportabile se si è uniti. Questo però pare sfuggire al Tribunale dei minori, che non solo ha ridotto drasticamente le possibilità di Daniela di vedere i suoi bambini da quando si è ammalata, ma addirittura ha dichiarato ADOTTABILE il più piccolo, mentre il più grande, al momento, è destinato a rimanere in comunità. Il tutto perché Daniela non sarebbe in grado di fare la mamma, in quanto "ritardata mentale", mentre il padre sarebbe "assente ed anaffettivo". Questo si legge sul provvedimento del tribunale.

Cosa fare a questo punto, oltre a continuare la battaglia a colpi di carte bollate (con ulteriori spese e sofferenze)?

Ad esempio, si può cercare di far conoscere a tutti questa storia, fare più rumore possibile...ed è proprio quello che, nel mio piccolo, ho cercato di fare scrivendo questo pezzo. Cliccando sul link sottostante, potrete sentire da Daniela stessa il racconto del calvario che sta passando. Cliccate, guardate e condividete questo video per favore:


Di seguito trovate alcuni link in cui viene raccontata la storia di mamma Daniela, e che sono serviti per la stesura di questo pezzo:


Alla prossima!!










mercoledì 26 aprile 2017

INFO UTILI: L'OLIO ALIMENTARE ESAUSTO

Da qualche anno a questa parte si sta pian piano diffondendo la cultura della raccolta differenziata, pur con tutti i problemi organizzativi che può comportare di zona in zona. Si sa, i comportamenti virtuosi non sono mai di facile attuazione, così come non è mai facile modificare le proprie abitudini quotidiane: niente di male per carità, è un comportamento innato in tutti noi, bisogna solo avere la maturità di capire che un minuscolo sforzo a livello personale può tradursi in un grande miglioramento per la collettività.
A questo proposito spostiamoci in cucina, e pensiamo a quando usiamo l'olio per friggere: dai ammettiamolo, anche se ci siamo messi in testa di cucinare senza grassi un peccatuccio di gola in questo senso ogni tanto ci scappa, è normale. Ci gustiamo la nostra frittura e, finita la festa, ci accingiamo a lavare piatti e padelle unti e bisunti di olio. Una sgrossata nel lavandino e, per chi ce l'ha, tutto in lavastoviglie.

In tutto questo, DOVE FINISCE L'OLIO? 

Eh si. L'olio è a tutti gli effetti uno scarto al pari di tutto ciò che buttiamo nella raccolta differenziata. Solo che, a differenza di vetro, carta, plastica ecc. ecc., è molto ma molto più subdolo: una cartaccia buttata a terra salta subito all'occhio, mentre l'olio disperso nell'ambiente, a meno che sia presente in quantità industriale, è pressoché invisibile. Solo che i suoi effetti sono devastanti: tanto per cominciare, la sua presenza nelle acque che arrivano al depuratore affatica tantissimo l'impianto, costringendolo a spendere molta più energia per svolgere il suo compito. In più, la sua tendenza a galleggiare e a non mescolarsi (è più leggero dell'acqua, anche se di poco!!) lo porta a formare un velo sottilissimo, che ostacola l'ossigenazione dell'acqua sottostante creando seri problemi alla sopravvivenza di flora e fauna dei corsi d'acqua.

Voi direte: che danno potrà mai fare la piccola quantità di olio che uso per la mia frittura, o che viene dal mio barattolo di funghetti sott'olio?
Ecco, tanto per farvi un'idea: immaginatevi un'enorme vasca alta un metro, larga altrettanto, lunga 1 km e piena d'acqua fino all'orlo. Totale: 1 milione di litri. Tantissimo, vero? Eppure, è la quantità che viene inquinata da 1 litro d'olio. 1 litro contro 1 milione, è un rapporto esorbitante.

A questo punto, penso che alla maggior parte dei miei (pochi) lettori sia sorta una domanda: COSA POSSIAMO FARE? E' evidente infatti che non si può fare finta di niente, l'inquinamento da olio, ragionando anche solo in termini monetari, rischia di costare tantissimo al nostro portafoglio (i depuratori e le tasse sui rifiuti si devono pur pagare!!).

Ebbene, da questo punto di vista, bisogna ammettere che a livello di servizi pubblici siamo ancora un po' carenti: spesso infatti è il privato cittadino che deve muoversi di persona, cercare il centro/consorzio di raccolta più vicino, e portarvi l'olio che ha messo da parte man mano: un comportamento virtuoso che, per la pigrizia di cui sopra, non è così scontato che venga attuato. Pensando alla mia personale vita quotidiana, quando mi sono trasferito nel paese in cui vivo attualmente, e ho chiesto informazioni in Comune per la raccolta dell'olio esausto, la segretaria è letteralmente caduta dalle nuvole. Fortunatamente nel Comune di residenza dei miei genitori il servizio è disponibile, per cui basta organizzarsi: raccolgo l'olio a parte e, quando la mia bottiglia è piena, gliela lascio da smaltire insieme al resto. Tuttavia, conoscendo l'importanza della risorsa acqua, sarebbe bene che la politica e gli enti preposti si dessero una svegliata per portare la raccolta differenziata dell'olio ai livelli di quella degli altri materiali. Non è facile, il rifiuto olio è molto più difficile da trattare, si tratta pur sempre di composti chimici, e pure pericolosi nel caso dell'olio da frittura. Nell'attesa della svegliata di cui sopra, sta a noi cittadini comuni organizzarci: in fin dei conti, è per il nostro bene, per quello delle nostre tasche, per quello dei nostri figli e dell'ambiente in cui viviamo. Già questo dovrebbe bastare a zittire sul nascere ogni polemica sul "chi deve fare cosa".

Grazie per la lettura, a voi i commenti!!


lunedì 10 aprile 2017

SCASSONIO STRAROMPI ESISTE DAVVERO, ECCO LE PROVE

Innanzitutto, vi starete chiedendo: ma chi caspita è Scassonio Strarompi, di professione ragioniere? Domanda legittima, per carità, ed ecco la risposta: è un personaggio apparso una tantum in una storia di Paperinik, in cui il suddetto Scassonio (nomen omen), in vena di emulazione, inizia a stalkerare il supereroe in ogni modo, minacciando di pubblicare manifestini diffamatori se questi non gli consente di partecipare alle sue imprese. Un vero fissato insomma, che in barba alle più elementari regole del buonsenso finisce per creare situazioni tragicomiche ai danni del povero Paperinik.

Ecco, se personaggi così fossero confinati ai fumetti, potremmo solo riderne di gusto. Invece, ahinoi, il terribile Scassonio ha degli emuli in carne ed ossa. Uno di questi ha colpito duramente lo scorso settembre, udite udite, ad una marcia non competitiva organizzata in un parco da un'associazione di genitori in cui i protagonisti erano i BAMBINI, sì avete letto bene. Il fattaccio è avvenuto nel comune di Lallio (BG), ed ha avuto come protagonista loro malgrado i genitori dell'associazione di volontariato "A.Ge". 
Cosa è successo di tanto grave? I piccoli vandali hanno forse distrutto qualche aiuola pagata e mantenuta con i soldi del Comune? 

Ebbene no, il guaio lo hanno combinato le mamme che, vista l'altissima ed imprevista affluenza di partecipanti all'evento si sono rimboccate le maniche, ed hanno aiutato il gestore del chiosco a cui si erano rivolte a preparare e distribuire pane e marmellata per i bambini. Un gesto assolutamente naturale e spontaneo insomma, compiuto anche nell'interesse della buona riuscita della manifestazione. La cosa però non è sfuggita ad un consigliere di minoranza che ha assistito alla scena e, con civica solerzia, ha segnalato la cosa in Comune (insieme, va detto, ad altri abusi o presunti tali commessi da altri soggetti). Al che, a sentire il sindaco, il meccanismo burocratico non si poteva più fermare: in seguito alle indagini compiute dall'ufficio tecnico comunale, l'associazione è stata multata di 1032 euro perché le mamme volontarie non erano autorizzate a preparare e distribuire cibo e bevande, quello era esclusivo compito del gestore del chiosco. Chi fa volontariato ed è abituato a spaccare il centesimo per portare avanti le attività, sa benissimo che un episodio del genere rappresenta una vera e propria mazzata, morale e materiale.

Questa storia ha avuto un finale dolceamaro: la multa è stata confermata, ma cittadini comuni, altre associazioni, imprese ed esercizi locali hanno aiutato l'A.Ge. a raccogliere i soldi necessari per pagarla, dimostrando una volta di più che l'unione fa la forza.

In tutto questo mi chiedo: possibile che la burocrazia più perversa debba sempre e comunque avere la meglio ed ostacolare ogni iniziativa? Non fraintendiamo, io per primo sono favorevole alle regole ed al loro rispetto, altrimenti sarebbero guai seri. Tuttavia esiste un limite, rappresentato dal buonsenso, e che lo stesso sindaco di Lallio ha lasciato intendere: era proprio necessaria cotanta solerzia da parte del consigliere? Il gesto delle mamme, anche se "non autorizzato" a norma di legge, non recava danno ad alcuno, anzi, era un ulteriore esempio di cosa voglia dire fare volontariato ed adoperarsi per la migliore riuscita possibile degli eventi che si organizzano. Niente da fare purtroppo: dal punto di vista della mera applicazione della legge le mamme dell'A.Ge. hanno torto marcio, poco da dire, ma questo episodio sollecita una volta di più ad intervenire per semplificare la normativa ed evitare che le iniziative private e sostanzialmente innocue vengano soffocate sul nascere da una burocrazia ottusa e perversa, che non lascia spazio al buonsenso dei singoli. Una normativa a prova di Scassonio Strarompi. Diversamente, a forza di scoraggiare e mettere paura con pastoie legislative assurde, nessuno vorrà prendersi più l'impegno di organizzare alcunché, e tenderemo tutti a rifugiarci nei tranquilli confini del nostro orticello personale, senza curarci di ciò che accade intorno. Un inaridimento che, purtroppo, è già iniziato da un po' di tempo.

Ah a proposito: sapete che mestiere fa il consigliere comunale che ha dato inizio al tutto? Il ragioniere...