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martedì 31 ottobre 2017

INCHIESTE SCOMODE

Notizia di alcuni giorni fa: a Malta, è stata uccisa in un attentato dinamitardo la giornalista e blogger Daphne Caruana Galizia.
Sono sincero: prima d'ora, non sapevo nemmeno chi fosse, Daphne Caruana Galizia. Tuttavia, il fatto che in un Paese membro della Comunità Europea una giornalista venga fatta saltare in aria in pieno stile mafioso anni 80 e 90, come minimo dovrebbe far scattare un grosso campanello d'allarme. Non solo: la fine che ha fatto questa giornalista dimostra che, con le sue inchieste, aveva pestato i piedi a qualcuno, molto potente, che si è potuto permettere il lusso di metterla a tacere nella maniera più clamorosa possibile. Per cui ho deciso di documentarmi, e di riassumere quello che ho trovato in poche righe, perché chi si mette contro criminalità e corruzione pagando con la vita non può, e non deve, essere dimenticato.


Partiamo innanzitutto  dallo sfogo di Matthew, suo figlio, nonché collaboratore: intervistato, si è scagliato apertamente contro il premier maltese Joseph Muscat, definendolo "un pagliaccio", e non risparmiando nemmeno critiche ai suoi collaboratori "corrotti", ai magistrati "corrotti e incompetenti" e ai funzionari di polizia "corrotti e imbecilli". Leggendo il post su Facebook di Ramon Mifsud, uno dei poliziotti che dovrebbe indagare sull'attentato ("Alla fine tutti hanno quello che si meritano, sono contento :)" ), è molto difficile dargli torto.
Quello di Matthew non è semplicemente il discorso pieno di dolore di una persona che ha perso tragicamente la propria madre, ma un preciso atto di accusa nei confronti del Paese in cui vive, a cominciare dal primo ministro Muscat fino alle autorità di polizia, che non avrebbero fatto abbastanza per proteggere la signora Galizia. Dal tenore delle parole di Matthew, emerge anche tra le righe la consapevolezza che Daphne, da viva, fosse una morta che camminava: non era questione di "se", ma di "quando" avrebbe fatto una brutta fine, perché sul "se" non c'era alcun dubbio: troppe le inchieste scottanti a cui lavorava, e troppo potenti i personaggi coinvolti.
Tra i tanti argomenti trattati da Daphne, ne spiccano alcuni in particolare: i "Malta Files", ossia i documenti riguardanti personaggi maltesi, o legati a Malta, all'interno dello scandalo dei cosiddetti "Panama papers": la lunghissima lista di personaggi più o meno potenti, e più o meno loschi, che hanno depositato o fatto transitare da Panama grosse somme di denaro, tipicamente tramite il sistema delle società off-shore.
Un movimento, in particolare, ha attirato l'attenzione della giornalista: un bonifico "sospetto", effettuato dalla figlia del presidente dell'Azerbaigian Aliyev, alla moglie del premier Muscat. Il motivo di questa transazione pare essere stato il famigerato gasdotto TAP, ossia l'opera che dovrebbe portare il gas dell'Azerbaigian (e quindi del presidente Aliyev) fino in Europa (passando per la Puglia), e quindi anche a Malta. Il tutto quindi, apparirebbe come una maxi-bustarella ad altissimi livelli di potere, visto che nel 2016 c'è stato un bell'andirivieni tra Malta e Azerbaigian, con firme e controfirme di accordi energetici. Ora, va bene che l'Azerbaigian stia facendo di tutto per apparire come un posticino libero e felice, con vetrine scintillanti come il Gran Premio a Baku e i primi giochi europei della storia, ma basta poco per constatare che non è proprio così: il presidente Aliyev è, di fatto, un dittatore. Tutte le varie tornate elettorali sono state bollate come irregolari da più osservatori esterni. Nonostante, formalmente, l'Azerbaigian sia una democrazia, la presenza di prigionieri politici dimostra l'esatto contrario. Non solo: nonostante lo stato disastroso dei diritti umani, l'Azerbaigian è membro del Consiglio d'Europa: lo stesso organismo che ha bocciato il documento (rapporto Strasser) sulla situazione di 85 detenuti politici, pare grazie a maxi tangenti provenienti dal governo azero (tramite il solito sistema di scatole cinesi) che avrebbero influenzato il voto, e che coinvolgerebbero anche alcuni politici italiani. Sempre il famigerato TAP sarebbe al centro di questo fiume di denaro proveniente dal Caucaso, che sarebbe servito anche per fare pressioni ad alti livelli e sbloccare finalmente i prestiti necessari al progetto. A nessuno fa piacere essere additato come partner d'affari di un dittatore, ma, d'altra parte, il denaro non puzza, e può servire anche ad "aggiustare" una votazione rischiosa come quella sul rapporto Strasser...
Finita qui? Macché. Ultimamente, Daphne Galizia si stava occupando (giusto per non far torto a nessuno, o forse perché a Malta c'è un livello di marciume politico inimmaginabile, chissà...) di traffico di droga, che a Malta sarebbe particolarmente fiorente, in cui sarebbe coinvolto (il condizionale è d'obbligo!) nientemeno che il capo dell'opposizione al governo Adrian Delia. Proprio il signor Delia ha invocato le dimissioni del premier Muscat dopo l'attentato ma, come ben sappiamo, spesso e volentieri le dichiarazioni dei politici, soprattutto se ad alti livelli e in odor di corruzione, vanno prese con le dovute cautele. Resta il ricordo, e l'esempio, di una giornalista che per amore di verità non si è fermata davanti a niente. Un ricordo, e un esempio, che non devono scomparire.

LINK UTILI

Running commentary, il blog di Daphne Caruana Galizia (in inglese)



martedì 17 ottobre 2017

LICENZA POLITICA-Parte 1: il diritto di voto

Il voto: un diritto che riteniamo (giustamente) sacrosanto, e che è stato oggetto di durissime lotte nel corso dei secoli: se ora ci rechiamo normalmente alle urne, senza limitazioni e costrizioni di sorta, è solo grazie a chi ha lottato prima di noi, pagando talvolta con la vita il suo impegno e i suoi ideali. La domanda che mi pongo è: noi, che ci rechiamo alle urne nella nostra epoca, sappiamo quanto sia importante il diritto/dovere di voto? Siamo in grado di esercitarlo consapevolmente? Selezioniamo in maniera adeguata le informazioni di cui siamo bombardati quotidianamente per farci un'idea e fare una scelta motivata e circostanziata?

Ecco, vedendo il proliferare dell'ignoranza, dell'analfabetismo funzionale, del populismo che parla alla pancia, e non alla testa, delle persone...purtroppo mi viene da rispondere NO, alle suddette domande.
Faccio un esempio: qualche sera fa, in televisione, si vedevano alcune persone che dichiaravano la loro assoluta contrarietà al cosiddetto "ius soli" (non voglio né sponsorizzarlo né contrastarlo, è solo un esempio, sia chiaro). Poi però, gli si chiede cosa voglia dire esattamente la locuzione "ius soli", e non sanno rispondere, né sanno da quale lingua venga. Gli si chiede di coniugare un congiuntivo e loro, che si spacciano per i paladini dell'identità italiana, storpiano orribilmente la nostra meravigliosa lingua con strafalcioni che manco alla scuola primaria. Anche per scritto, soprattutto sui social network dove si leggono i peggiori orrori da matita rossa formato gigante. Non ci sono scuse per un'ignoranza di questa portata: la padronanza della lingua o ce l'hai o non ce l'hai, le H del verbo avere (tanto per fare un esempio) si DEVONO saper usare al volo, senza pensarci, sono nozioni da scuola PRIMARIA (o elementare, se preferite) e la fretta di scrivere non è una scusa. Se sbagli le H, o se non sai articolare correttamente una frase non sei di fretta, sei un IGNORANTE.

Dove voglio arrivare? Ecco il punto: da persona mediamente istruita, posso accettare il fatto che il mio voto abbia esattamente lo stesso peso di quello di un analfabeta funzionale, o di un analfabeta e basta? E' accettabile che l'opinione di chi si informa un minimo abbia lo stesso peso di quella di chi non si informa per niente e crede a tutto ciò che gli raccontano annullando il proprio senso critico, ammesso che ce l'abbia mai avuto?

La mia risposta è NO. Anche perché, col crescere dell'ignoranza e dell'analfabetismo, funzionale e non, se saltasse fuori qualcuno con l'interesse a mantenere nell'ignoranza i propri governati (e chi ci dice che non ci sia già??), avrebbe gioco facilissimo ad intercettare i loro voti. Dove porterebbe una simile deriva non è dato saperlo (al momento), ma è certo che non porterebbe alcunché di buono.

Come difendersi da una simile eventualità? La mia risposta è "istituendo il patentino del votante".
Di cosa si tratterebbe?
Si tratterebbe di un semplice test a risposta multipla (ossia "a crocette"), che verrebbe corretto in automatico da un lettore elettronico (come si fa già per alcuni esami scolastici). Questo test conterrebbe semplici domande di cultura generale e sarebbe politicamente NEUTRO: servirebbe solo a misurare il grado di istruzione e di consapevolezza di chi si appresta ad esercitare il proprio diritto di voto. Tra le varie domande, ne inserirei alcune (molto semplici) a mo' di capestro: se sbagli una di quelle sei bocciato in automatico, anche se hai risposto correttamente a tutte le altre. Analogamente alla patente di guida, anche il patentino del votante avrebbe una scadenza, modulata in base alla fascia d'età, e l'accesso alla prova d'esame sarebbe assolutamente gratuito e illimitato: se si venisse bocciati, si potrebbe ritentare gratis alla prima data disponibile. 

Una buona istruzione di base è fondamentale per esercitare consapevolmente il diritto/dovere di voto, qualunque sia la scelta espressa
Dite che sono antidemocratico? Chissà, magari avete ragione. Ora proviamo a fare un esempio: lascereste guidare la vostra fantastica Ferrari appena uscita dal concessionario (se non vi piace la Ferrari immaginate una qualsiasi auto di lusso a scelta) a un diciottenne qualsiasi col foglio rosa?

No vero?

Ecco. Ora metteteci il diritto di voto, al posto della Ferrari.

Avete ancora il coraggio di dire che sono antidemocratico?

Alla prossima puntata!!

mercoledì 19 luglio 2017

DR. JEKYLL E MR. HYDE: UNA STORIA UNIVERSALE E UNO SCRITTORE DIMENTICATO

Il tema letterario della doppia personalità ha sempre affascinato i lettori: il caso più famoso ed eclatante, anche solo per sentito dire, è sicuramente quello di Dr. Jekyll e Mr. Hyde, nato dalla penna di Robert Louis Stevenson (lo stesso de "L'isola del tesoro" e "La freccia nera", tra gli altri) e diventato l'esempio di doppiezza per eccellenza. Lo si può definire una specie di caricatura di ciascuno di noi: pur potendo essere integerrimi e perbene come Jekyll, tutti nascondiamo un Hyde pronto a saltar fuori e dare il peggio di sé. Ciascuno a suo modo, naturalmente.

Quello che pochi sanno, invece, è che questo tema è stato ripreso anche da un autore italiano rimasto sconosciuto ai più: Antonio Balbiani (1838-1889).

Originario di Bellano (CO) il Balbiani (esponente di un'antica ed illustre famiglia) affiancò all'attività di insegnante di lettere quella di scrittore e traduttore, occupandosi degli argomenti più vari, arrivando anche a scrivere di artigianato e agricoltura. Fino a pubblicare, nel 1871, il romanzo storico "Lasco, il bandito della Valsassina", che divenne in breve un vero "cult" tra gli abitanti del luogo: il libro ebbe nel tempo numerose ristampe, e ne fu scritto perfino un adattamento teatrale.


Ritratto di Antonio Balbiani (fonte: archivio Pietro Pensa)

Mi si dirà: dove sei andato a pescarlo?

Beh, il merito è di un birrificio locale, che ha deciso di dedicare due birre diverse alle due facce di questo personaggio: mecenate e signore benvoluto da tutti di giorno sotto il nome di Sigifredo Falsandri, spietato e sanguinario brigante di notte, in compagnia dei suoi "bravi". Il tutto ambientato intorno alla metà del XVII secolo, nella rocca di Marmoro (che taluni hanno identificato erroneamente con la rocca di Baiedo) e nei suoi dintorni. Nell'occasione il Balbiani non valorizzò solo il personaggio del Lasco, (creato da Amatore Mastalli di Cortenova), ma ebbe il merito di intrecciare le sue vicende con altre storie e leggende locali, con frequenti rimandi ai Promessi Sposi. Questo lavoro di raccolta fu completato in un'altra opera, "Como, il suo lago, le sue ville e le sue valli descritte e illustrate", pubblicata nel 1877 e che, al netto dei vari errori, rappresenta un pregevole documento di storia locale, risultato poi utile per la stesura di lavori successivi.


Frontespizio illustrato di una rara prima edizione di "Lasco, il bandito della Valsassina"
Purtroppo il successo del Balbiani si fermò qui: un altro suo romanzo "I figli di Lorenzo Tramaglino e Lucia Mondella", così come altre sue opere di stampo manzoniano, furono impietosamente stroncate da Giosuè Carducci, mentre la sua attività giornalistica nei dintorni del lago, pur essendo fervida ed innovativa per quei tempi (era un vero e proprio reporter d'assalto, che si recava di persona ovunque potesse esserci bisogno di lui), non ebbe la fortuna sperata, complice anche un periodo di crisi a livello locale.

Antonio Balbiani morì improvvisamente nella sua Bellano nel 1889. A suo ricordo, è stata murata una lapide all'esterno della sua casa natale mentre, nel borgo di Parlasco, sono stati realizzati molti dipinti murali, che hanno come tema proprio le vicende di Lasco e di altri personaggi leggendari del luogo.

Per chi lo desiderasse, a questo link è leggibile e scaricabile legalmente l'intera prima edizione del romanzo "Lasco il bandito della Valsassina", senza i rimaneggiamenti e le riduzioni che invece hanno caratterizzato le ristampe successive http://www.archive.org/stream/lascoilbanditode00balb#page/n3/mode/2up

Fonti:
Pagina dedicata sul sito dell'archivio Pietro Pensa

venerdì 14 luglio 2017

DELIRIO DI ONNIPOTENZA

Tempo fa, sull'onda del panico che aveva suscitato, avevo parlato del fenomeno (vero o presunto tale) del "blue whale challenge" (clicca qui per leggere). Il problema era emerso grazie alla trasmissione "Le Iene": in un servizio curato da Matteo Viviani si narrava di come in Russia (dove sarebbe nato) avesse assunto proporzioni allarmanti, con l'arresto del presunto ideatore Philipp Budeikin che sarebbe stato collegato a qualcosa come 130 casi di suicidio giovanile.



Quello che si è scoperto dopo un fact checking (procedura basilare per qualsiasi giornalista) ha raccontato qualcosa di molto diverso: i video russi su cui si basava il servizio di Viviani erano dei falsi clamorosi o, comunque, erano stati presentati per ciò che NON ERANO. Budeikin è collegato (forse) ad un solo caso di suicidio. Sempre troppo, ok, ma sull'opinione pubblica l'impatto di un singolo decesso è molto minore rispetto a quello di un fenomeno di massa, come pareva essere diventato.

Si, ok, mi si dirà, ma il caso del ragazzo di Livorno?

Quello purtroppo è realmente avvenuto...solo che, si è scoperto dopo, non era legato al "blue whale".

Intervistato da Selvaggia Lucarelli per "Il Fatto Quotidiano", Viviani ha ammesso l'errore (non ha controllato le fonti su cui ha basato l'intero servizio), ma si è difeso dicendo che comunque ha contribuito a far luce su un fenomeno molto pericoloso, reale, e che, se col suo lavoro di giornalista ha contribuito a salvare anche solo una vita umana, non ha niente da rimproverarsi.

Peccato che il sig.Viviani abbia tralasciato un dettaglio importante. Prima del servizio de "Le Iene", infatti, le ricerche su Google partite dall'Italia riguardo a "blue whale" erano vicine allo zero. Subito dopo guarda caso c'è stato un picco, nonché un'impennata di casi attribuiti a questo presunto gioco. Il che fa pensare ragionevolmente che siano frutto di emulazione, piuttosto che di qualcosa di realmente esistente e radicato. Per cui, il sig. Viviani ha realmente fatto un buon lavoro o, piuttosto, ha creato allarmismo ed accentuato un problema, quello dell'autolesionismo giovanile, che invece esiste già da un po'? Il tutto in nome del sensazionalismo e dell'audience?

Intendiamoci: i mezzi di comunicazione attuali ci fanno sentire un po' tutti onnipotenti. Andiamo da una parte all'altra del mondo con un clic di mouse, chiunque può far diventare virale una notizia o un video se ha un minimo di abilità per farlo. Pubblichiamo qualcosa, e chiunque, potenzialmente, può vederlo e leggerlo. A suo modo, perfino questo blog è un piccolo delirio di onnipotenza perché, al di la del mero esercizio di scrittura, immagino (forse illudendomi) che i miei post possano invitare qualcuno alla riflessione e, magari, a farsi un'opinione diversa, o a vedere le cose secondo una luce che non aveva mai considerato. Magari con il tempo sarà davvero così, per ora mi accontento che qualcuno venga a leggere e magari a commentare :-)

A voi i commenti!!

Fonti:



lunedì 29 maggio 2017

RIORDINO DEL BLOG E NUOVE AMICIZIE

Buongiorno a tutti

Come i miei pochi ma affezionati lettori avranno notato, Homo Sum si è un po' rifatto il look: con l'aumento del numero dei tag ho preferito disporli a "nuvola", per non costringere il lettore a consumare la rotellina del mouse per sfogliarli da cima a fondo. In più, ho aggiunto un nuovo amico: il sito tuttostoria.net, che si occupa di episodi storici interessantissimi e anche poco noti, soprattutto per chi la storia l'ha studiata solo sui libri di scuola.


In bocca al lupo dunque a Tuttostoria e al suo gestore Paolo Gerolla!!

venerdì 26 maggio 2017

UN ABBRACCIO MORTALE-parte 3

Clicca qui per leggere la parte 2

1952: sessant'anni dopo la nascita dei primi sospetti sulla nocività dell'amianto, il velo di omertà sull'argomento iniziò ad assottigliarsi, ad opera del dott. Knox. Costui, assistendo ad un convegno del famigerato laboratorio Saranac (quello delle ricerche "vendute" alle aziende dell'amianto), intuì che c'era molto di più da sapere rispetto a quanto si raccontava ufficialmente, e così chiese aiuto all'epidemiologo Richard Doll.

Doll condusse una ricerca presso lo stabilimento Turner&Newall di Rochdale (dove aveva lavorato e si era ammalata Nellie Kershaw, e dove lavorava anche Knox). Nel 1955 Doll completò il lavoro stabilendo senza ombra di dubbio la connessione tra amianto e mesotelioma, ma la Turner&Newall si oppose fermamente alla pubblicazione. L'unico modo per aggirare l'ostacolo fu quello di omettere la firma di Knox, il cui nome comparve indirettamente nei ringraziamenti.

Nel frattempo, si erano aperti altri fronti: negli anni 40 in Sudafrica, un medico che lavorava nei pressi di una miniera di amianto blu (una particolare varietà del minerale) notò un insolito proliferare del mesotelioma tra i suoi pazienti, e decise di sottoporre il caso ad alcuni epidemiologi. Il quadro che ne emerse fu terrificante: i casi di mesotelioma e asbestosi non riguardavano soltanto i minatori, ma anche estranei, magari persone che abitavano nei pressi, o che avevano giocato da bambini tra gli scarti della miniera.

Questo studio, uscito nel 1960, diede l'impulso ad altri medici per compiere ulteriori ricerche: nel 1964 il dr. Selikoff presentò un lavoro in un convegno all'Accademia delle Scienze di New York, in cui emergeva la presenza del mesotelioma non solo nei lavoratori dell'industria dell'amianto, ma anche in persone che poco o nulla avevano a che fare con tale ambito. Questa circostanza fu confermata da un'indagine del londinese Newhouse, in cui emerse che, dei casi esaminati, circa la metà riguardava persone estranee all'industria dell'amianto, ma quasi tutti avevano convissuto con un lavoratore di quest'industria, o abitavano a poca distanza da uno stabilimento. Da qui, iniziò a circolare l'ipotesi che le fibre di asbesto fossero pericolose anche a basse concentrazioni.

Tornando al dr. Selikoff, come prevedibile, il suo lavoro incontrò l'ostilità e l'ostracismo dei colossi dell'amianto, che fecero di tutto per difendersi, sia cercando di corromperlo (senza riuscirci), sia organizzando campagne di propaganda e contro-informazione per contrastare la diffidenza crescente verso il materiale. Essi sottolinearono che l'amianto aveva risolto molti problemi della vita quotidiana, e che questi benefici superavano di gran lunga i presunti rischi. Non mancarono nemmeno le pressioni a livello politico, al fine di impedire che venissero varati regolamenti restrittivi, tali da pregiudicare i profitti delle industrie.

Tuttavia, i loro sforzi ebbero effetto sempre minore: nel 1969 l'Inghilterra e l'Australia vietarono l'utilizzo dell'amianto blu, mentre le ricerche compiute nel corso degli anni si diffondevano sempre più a livello europeo. Nel 1977, l'amianto fu etichettato come "cancerogeno certo" dall'Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro di Lione. Nonostante questo, la lotta dei colossi dell'amianto contro quella che ormai era una verità acclarata durò ancora a lungo.

giovedì 18 maggio 2017

MOBY DICK 2.0

Al momento non c'è nulla di ufficiale, di confermato. "Solo" una preoccupante serie di coincidenze, che a volte mi fanno chiedere dove accidenti andremo a finire; e no, non sono in preda ad una precoce crisi di senilità.



Sopra: un'illustrazione raffigurante Moby Dick. Sotto, una balenottera azzurra (fonte: Wikipedia)
Lo spauracchio stavolta ha le sembianze di una balena, come Moby Dick. Solo che questa è azzurra anziché bianca, ed è "solo" virtuale, ma non per questo meno pericolosa. Le sue prede preferite, a quanto pare, sono gli adolescenti.

Già, l'adolescenza. Età complicatissima già di per sé per genitori e figli, in cui il dialogo tra le parti è spesso messo a dura prova. Ancor di più se, come succede attualmente, ci si mettono di mezzo social networks, smartphones e tecnologia assortita. Ora, dalla fredda Russia, si è materializzato un nuovo, inquietante spettro, chiamato "Blue Whale Challenge". Letteralmente, "sfida della balenottera azzurra". Un misterioso "gioco" nato su VKontakte, una sorta di Facebook russo.

Questa "sfida" consisterebbe nel completare 50 "compiti", magari un tantino strani come svegliarsi nel cuore della notte a guardare un film horror. La parte drammatica, però, starebbe in alcune "missioni" che prevederebbero atti di autolesionismo, fino alla sfida finale che consisterebbe nel trovare l'edificio più alto della città, salire in cima e suicidarsi buttandosi di sotto. Il tutto sarebbe orchestrato da misteriosi personaggi chiamati "curatori", che recluterebbero le loro giovani vittime sui social networks, ed esigerebbero da loro prove tangibili di aver compiuto le missioni.

L'allarme è stato lanciato dal giornale russo "Novaja Gazeta" nel 2016, secondo cui il "Blue Whale Challenge" sarebbe alla base di numerosi suicidi di giovanissimi, si è parlato addirittura di più di 150 vittime nella sola Russia. E' molto difficile stabilire quanto ci sia di vero in questo dato, perché i contatti tra curatori e vittime avverrebbero nel più assoluto riserbo dei gruppi segreti creati allo scopo.

La notizia è stata rilanciata in Italia da giornali come Leggo, Il Messaggero e Il Fatto Quotidiano con toni allarmistici, mentre Le Iene recentemente hanno dedicato un servizio a questa nuova, presunta "moda". Nel servizio si è parlato, tra l'altro, del suicidio di un ragazzo di Livorno, che potrebbe essere collegabile a "Blue Whale". 

Fino a qua siamo nel campo del condizionale, del "se", del "potrebbe", del "forse". I siti anti-bufala di mezzo mondo hanno analizzato e cercato di ridimensionare la portata del fenomeno, bollandolo anche come fake news; c'è anche chi, in vena di complottismo, ha ipotizzato che "Blue Whale" sia un piano organizzato dai nazionalisti ucraini per traviare e sterminare la gioventù russa. in Italia, anche il Corriere della Sera ne ha parlato con toni molto scettici.

Intanto, un certo Filipp Budeikin, 22enne ex studente di psicologia, sarebbe stato arrestato nel 2016 per aver istigato al suicidio 15 ragazze. Stando a quanto si apprende dalla Russia, Budeikin si sarebbe dichiarato colpevole, dicendo anche di aver indotto le sue vittime a suicidarsi per "purificare la società dai parassiti, e impedir loro di danneggiare sé stessi e gli altri". Un vero manipolatore, insomma, che avrebbe sfruttato la fragilità delle sue vittime fino alle estreme conseguenze.

In attesa di capire la portata reale del fenomeno "Blue Whale Challenge", non resta che stare in guardia...


venerdì 5 maggio 2017

UNA STORIA DI ORDINARIA DISUMANITA'

Speravo, davvero, che fosse una bufala. Anche perché la prima volta che l'ho letta, non veniva da una fonte propriamente affidabile. Per cui, nel mio piccolo, vai di fact-checking: una ricerca rapida su Google, nella speranza di trovare una smentita...che non c'era.

A quanto pare, è tutto vero.

L'umanità, intesa come empatia e capacità di abbinare testa e cuore nelle decisioni, se ne sta bellamente andando a farsi fottere. Scusate il linguaggio, ma di fronte ad un fatto del genere, sono stato ancora gentile.

Cosa succede?

Succede che c'è una mamma, Daniela Musso, originaria di Ribera (Agrigento), che si è dovuta trasferire al nord col marito in cerca di lavoro. Purtroppo, il sospirato impiego non arriva subito. In compenso arrivano i servizi sociali, prendono i due figli piccoli della coppia, e li mettono in una comunità protetta. 

Già qui è un'assurdità: smembrare una famiglia in difficoltà non è esattamente il miglior modo di aiutarla, soprattutto dal punto di vista dei più piccoli, che si vedono sradicati da un giorno all'altro dal loro contesto abituale. Una toppa riesce a mettercela mamma Daniela che, dopo una battaglia legale, ottiene di poter stare con loro. E' già qualcosa, anche se la situazione continua ad essere anormale: già una famiglia è in difficoltà per mancanza di lavoro (che, ricordiamolo, è un DIRITTO sancito dalla nostra COSTITUZIONE), in più ci si trova ad affrontare un distacco forzato, a cui si deve porre parzialmente rimedio affrontando ulteriori difficoltà e spese.

Pensate che sia finita? Magari...

Mamma Daniela si ammala di cancro. La malattia progredisce, fino ad arrivare allo stadio terminale.

Si dice che l'unione faccia la forza e questo, nel caso di una famiglia in cui ci si vuole bene, non è solo vero, è SACROSANTO. Un destino amaro, per quanto ineluttabile sia, è più sopportabile se si è uniti. Questo però pare sfuggire al Tribunale dei minori, che non solo ha ridotto drasticamente le possibilità di Daniela di vedere i suoi bambini da quando si è ammalata, ma addirittura ha dichiarato ADOTTABILE il più piccolo, mentre il più grande, al momento, è destinato a rimanere in comunità. Il tutto perché Daniela non sarebbe in grado di fare la mamma, in quanto "ritardata mentale", mentre il padre sarebbe "assente ed anaffettivo". Questo si legge sul provvedimento del tribunale.

Cosa fare a questo punto, oltre a continuare la battaglia a colpi di carte bollate (con ulteriori spese e sofferenze)?

Ad esempio, si può cercare di far conoscere a tutti questa storia, fare più rumore possibile...ed è proprio quello che, nel mio piccolo, ho cercato di fare scrivendo questo pezzo. Cliccando sul link sottostante, potrete sentire da Daniela stessa il racconto del calvario che sta passando. Cliccate, guardate e condividete questo video per favore:


Di seguito trovate alcuni link in cui viene raccontata la storia di mamma Daniela, e che sono serviti per la stesura di questo pezzo:


Alla prossima!!










martedì 2 maggio 2017

LA GIORNATA MONDIALE DEI BLOGGERS

Buongiorno a tutti!!

Qualche giorno fa, ho sentito casualmente per radio che oggi, 2 maggio, è la giornata mondiale dei bloggers. Nel mio piccolo, da neofita di questo mondo, mi fa piacere che ci sia una giornata dedicata anche alle 2 parole che scrivo ogni tanto su questo spazio virtuale. Nella speranza che questo angolino di web cresca sempre di più: al momento è sotto il livello di Fabrizio Daiquiri, se non sapete chi è, chiedete al programma Ciao Belli di Radio DeeJay. 

Tornando alla giornata odierna, è un po' come il Natale o la Pasqua: come arrivano per buoni e cattivi, così in questa giornata si pensa un po' a tutti, perfino a quei blog nati unicamente per fare clic-baiting, magari fomentando odio, diffondendo notizie false (le famigerate "fake news"), e quindi giustificando, in un certo senso, chi vuole mettere il bavaglio al mondo dei blog con leggi apposite. Allora, visto che esiste il luogo comune che a Natale siamo tutti più buoni, in questa sorta di Natale dei bloggers auguro davvero a questa SPAZZATURA della rete di redimersi, e smetterla di fare soldi sulla pelle dei boccaloni che danno loro retta. Lo so, è una pia illusione, ma fa il paio con la nostra bontà a Natale.

Tuttavia, data la ricorrenza, mi sembra giusto rivolgere un pensiero anche a chi, molto più scafato ed esposto di me, rischia tantissimo a livello personale per raccontare ciò che vede, o semplicemente per esporre la propria idea. Penso ad esempio alle nazioni in cui la libertà di stampa e di opinione già adesso è molto limitata, o ai bloggers messicani che arrivano dove le fonti ufficiali non si arrischiano ad andare, per raccontare il mondo dei cartelli della droga. Spesso, a rischio della loro stessa vita. Per quello che vale, avete la mia infinita stima.

Alla prossima!!