lunedì 3 luglio 2017

UN ABBRACCIO MORTALE-parte 4

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Anni '70 e '80: le voci sulla presunta pericolosità dell'amianto e dei suoi derivati stanno uscendo dall'ambito ristretto della medicina del lavoro, diffondendosi così anche tra la popolazione, che quindi comincia a diffidare e a chiedere risposte. Le grandi industrie, vedendo minacciati i propri interessi economici, fanno di tutto per insabbiare la verità attuando campagne di contro-informazione (ma sarebbe più corretto dire "disinformazione") e di pressioni a livello anche politico, per evitare l'emanazione di regolamenti restrittivi. E' in un ambito come questo che si inseriscono personaggi come Stephan Schmidheiny e il barone Cartier de Marchenne: due nomi che in Italia abbiamo imparato a conoscere nell'ambito del processo Eternit, in cui, finalmente, sono emerse le loro nefandezze. Schmidheiny, a dispetto dell'aura filantropica che si è costruito negli anni, nella vicenda Eternit ha mostrato tutt'altro volto: quello di un imprenditore completamente privo di scrupoli, che ha esposto consapevolmente le proprie maestranze al pericolo mortale rappresentato dalle fibre di amianto. Questo personaggio infatti divenne amministratore delegato della Eternit all'inizio degli anni '70, quando ormai la pericolosità di questo materiale era nota a tutti i grandi manager e industriali del settore. Come poteva non sapere? Impossibile, ed infatti nelle carte del processo emerge la volontà di "mettere a tacere" gli operai dando loro delle mascherine inefficaci, ma che sortivano un notevole effetto psicologico. Solo dopo si scoprirà che quei mezzi di protezione nulla potevano contro le fibre di amianto, troppo sottili per essere fermate.

Il procuratore Raffaele Guariniello: grazie alla sua opera è stato possibile portare in giudizio Stephan Schmidheiny e il barone De Marchenne

Tutto questo ha portato a formulare l'accusa di omicidio volontario: un reato per cui non esiste prescrizione e che, se fosse rimasta in piedi l'accusa, avrebbe fatto finire Schmidheiny dritto sparato in galera, anche senza le altre accuse come quella di disastro ambientale per cui, purtroppo, la prescrizione è invece intervenuta. Purtroppo, l'accusa è stata de-rubricata ad omicidio colposo a fine novembre 2016. Il che significa ricadere nell'incubo prescrizione anche per i morti di Casale Monferrato, Bagnoli, Cavagnolo e Rubiera.
Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, ci si può rifare alle parole dell'ex-procuratore Raffaele Guariniello, vera anima del processo Eternit, il primo che ha osato sperare di poter fare giustizia in un caso tanto spinoso: stando alle sue parole infatti, ora il magnate svizzero (che aveva cercato di salvarsi offrendo un risarcimento, rifiutato, al comune di Casale Monferrato) dovrà rispondere di ogni caso, attuale e futuro, di morte per malattie asbesto-correlate tra i suoi ex dipendenti e tra gli abitanti delle città in cui sorgevano i suoi stabilimenti. Questo infatti ha stabilito la Corte Costituzionale.

Nel frattempo, l'anziano barone Cartier de Marchenne è deceduto: personalmente, non mi sento di augurargli di bruciare eternamente all'inferno, non spetta a me decidere. Tuttavia, mi piace pensare che, una volta morto, si sia trovato di fronte le anime di tutti coloro di cui ha causato la morte per la sua avidità...e che sia stato punito di conseguenza.

Tornando sulla terra, sperando che la giustizia umana faccia VERAMENTE il suo corso e il "filantropo" Schmidheiny paghi le sue colpe, c'è un grosso neo: la prescrizione del reato di disastro ambientale che, nel caso specifico, non avrebbe alcun senso. Il disastro infatti è tuttora in corso: nelle cittadine che ospitavano gli stabilimenti Eternit il rischio rappresentato dal "polverino" di amianto è quanto mai reale ed attuale, molti edifici anche pubblici sono stati costruiti con elementi in eternit, senza contare i pazzi incoscienti che, spaventati dai costi di smaltimento, si sbarazzano in aperta campagna di pericolosissime lastre scheggiate, libere di rilasciare nell'ambiente le loro fibre mortifere. Perché è questa la situazione più pericolosa: se il pezzo contenente amianto è integro, lo si può considerare innocuo, almeno nel breve periodo. Il problema però è che siamo di fronte a una bomba ad orologeria, pronta ad innescarsi alla prima crepa.

Che fare dunque? Come affrontare questo nemico tanto subdolo?

CONTINUA...


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