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martedì 12 settembre 2017

AMICIZIE PALIESCHE

Ciao a tutti.

Come avrete notato, il blog ultimamente ha preso una deriva decisamente "paliesca". Portate pazienza, da astigiano ed ex militante nel Palio di Asti, l'aria di settembre e l'avvicinarsi della Corsa fanno sempre un certo effetto.

Scrivo questo post per dare il benvenuto tra gli amici del blog a Brontolo, alias Pier Camillo Pinelli, e a Edoardo "Dardi" Mussa, il suo collaboratore per il Palio di Asti e non solo. Brontolo, ex fantino del Palio di Siena, ha intrapreso l'ambizioso progetto di seguire da vicino, anche tramite dirette Facebook con tanto di telecronaca, i vari Palii italiani. Chi non conosce questo mondo non ha neanche la vaga idea di quante competizioni di questo tipo ci siano sparse in giro per l'Italia...Brontolo e i suoi collaboratori, con i loro articoli e le loro dirette, ci portano a scoprire i posti più impensati, e che sicuramente vale la pena visitare, per seguire il Palio locale, o semplicemente da turisti.

Per chi volesse saperne di più, ecco i link di riferimento:



Buona lettura e alla prossima!!

mercoledì 19 luglio 2017

DR. JEKYLL E MR. HYDE: UNA STORIA UNIVERSALE E UNO SCRITTORE DIMENTICATO

Il tema letterario della doppia personalità ha sempre affascinato i lettori: il caso più famoso ed eclatante, anche solo per sentito dire, è sicuramente quello di Dr. Jekyll e Mr. Hyde, nato dalla penna di Robert Louis Stevenson (lo stesso de "L'isola del tesoro" e "La freccia nera", tra gli altri) e diventato l'esempio di doppiezza per eccellenza. Lo si può definire una specie di caricatura di ciascuno di noi: pur potendo essere integerrimi e perbene come Jekyll, tutti nascondiamo un Hyde pronto a saltar fuori e dare il peggio di sé. Ciascuno a suo modo, naturalmente.

Quello che pochi sanno, invece, è che questo tema è stato ripreso anche da un autore italiano rimasto sconosciuto ai più: Antonio Balbiani (1838-1889).

Originario di Bellano (CO) il Balbiani (esponente di un'antica ed illustre famiglia) affiancò all'attività di insegnante di lettere quella di scrittore e traduttore, occupandosi degli argomenti più vari, arrivando anche a scrivere di artigianato e agricoltura. Fino a pubblicare, nel 1871, il romanzo storico "Lasco, il bandito della Valsassina", che divenne in breve un vero "cult" tra gli abitanti del luogo: il libro ebbe nel tempo numerose ristampe, e ne fu scritto perfino un adattamento teatrale.


Ritratto di Antonio Balbiani (fonte: archivio Pietro Pensa)

Mi si dirà: dove sei andato a pescarlo?

Beh, il merito è di un birrificio locale, che ha deciso di dedicare due birre diverse alle due facce di questo personaggio: mecenate e signore benvoluto da tutti di giorno sotto il nome di Sigifredo Falsandri, spietato e sanguinario brigante di notte, in compagnia dei suoi "bravi". Il tutto ambientato intorno alla metà del XVII secolo, nella rocca di Marmoro (che taluni hanno identificato erroneamente con la rocca di Baiedo) e nei suoi dintorni. Nell'occasione il Balbiani non valorizzò solo il personaggio del Lasco, (creato da Amatore Mastalli di Cortenova), ma ebbe il merito di intrecciare le sue vicende con altre storie e leggende locali, con frequenti rimandi ai Promessi Sposi. Questo lavoro di raccolta fu completato in un'altra opera, "Como, il suo lago, le sue ville e le sue valli descritte e illustrate", pubblicata nel 1877 e che, al netto dei vari errori, rappresenta un pregevole documento di storia locale, risultato poi utile per la stesura di lavori successivi.


Frontespizio illustrato di una rara prima edizione di "Lasco, il bandito della Valsassina"
Purtroppo il successo del Balbiani si fermò qui: un altro suo romanzo "I figli di Lorenzo Tramaglino e Lucia Mondella", così come altre sue opere di stampo manzoniano, furono impietosamente stroncate da Giosuè Carducci, mentre la sua attività giornalistica nei dintorni del lago, pur essendo fervida ed innovativa per quei tempi (era un vero e proprio reporter d'assalto, che si recava di persona ovunque potesse esserci bisogno di lui), non ebbe la fortuna sperata, complice anche un periodo di crisi a livello locale.

Antonio Balbiani morì improvvisamente nella sua Bellano nel 1889. A suo ricordo, è stata murata una lapide all'esterno della sua casa natale mentre, nel borgo di Parlasco, sono stati realizzati molti dipinti murali, che hanno come tema proprio le vicende di Lasco e di altri personaggi leggendari del luogo.

Per chi lo desiderasse, a questo link è leggibile e scaricabile legalmente l'intera prima edizione del romanzo "Lasco il bandito della Valsassina", senza i rimaneggiamenti e le riduzioni che invece hanno caratterizzato le ristampe successive http://www.archive.org/stream/lascoilbanditode00balb#page/n3/mode/2up

Fonti:
Pagina dedicata sul sito dell'archivio Pietro Pensa

martedì 11 luglio 2017

ALLA (RI)SCOPERTA DELL'ASTIGIANITA'

Come scritto altrove (vedi La città delle occasioni perdute), secondo la mia umilissima opinione di astigiano del XXI secolo, la rinascita della città di Asti deve partire, innanzitutto, da una rinnovata consapevolezza di ciò che siamo stati, di come siamo ora, e come potremmo ritornare.
A tal proposito, ecco qui un documento che agli appassionati di storia è molto familiare, ma che alla maggior parte degli astigiani forse dice poco:

Bella vero?
E' una veduta dall'alto della nostra città risalente al XVII secolo, quando ormai il periodo di massimo splendore era trascorso da un pezzo. Eppure il duca Carlo Emanuele II di Savoia, sotto i cui domini ricadeva Asti, per far conoscere al resto d'Europa le bellezze dei suoi possedimenti fece stampare dall'editore e cartografo olandese Blaeu questa ed altre simili vedute, raccolte nel Theatrum Statuum Sabaudiae. Alla sua morte il lavoro fu portato avanti dalla vedova, la duchessa reggente Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours, e pubblicato nel 1682.
Ad un primo impatto, ammetto che si fa un po' fatica a riconoscere Asti in questa illustrazione...poi però basta trovare un punto di riferimento qualsiasi, ed eccola materializzarsi davanti ai nostri occhi. Il mio ad esempio è stata l'antica Porta San Giuliano, tuttora esistente e seminascosta dal Santuario della Madonna del Portone (che nel Theatrum non compare semplicemente perché...non esisteva ancora). Una volta individuata quella, ecco che compaiono Via al Santuario, Corso Don Minzoni, Piazza Porta Torino e, da lì, Corso Alfieri, l'antica Contrada Maestra. Questo è solo l'inizio naturalmente: con un po' di pazienza si può effettuare una vera caccia al tesoro e localizzare su quell'antica mappa i luoghi attuali. Prima ancora, però, a mio parere occorre uno stimolo, talmente potente e visibile da scuotere anche il più incallito dei "bugia nen" astigiani...e cosa c'è di più visibile della suddetta mappa, magari piazzata in gigantografia in alcuni punti strategici? Così, di getto, mi vengono in mente Piazza Porta Torino, Piazza I Maggio, Piazza Cattedrale e Piazza San Secondo...ma ci possono essere anche altri luoghi. Ovviamente, non può mancare il classico circolino con la scritta "voi siete qui"...tanto per aiutare i cittadini stessi (prima ancora dei turisti) ad orientarsi nel proprio passato ed a conoscerlo meglio. Se poi queste gigantografie fossero accompagnate da versioni più piccole della mappa, sparse per la città in ogni luogo con cui abbiano un'attinenza storica, si avrebbe un quadro decisamente più completo.

Si dice che per piacere bisogna innanzitutto piacersi. Questo è vero per le singole persone, ma anche per la collettività: impariamo a conoscere, apprezzare e valorizzare ciò che abbiamo...il resto viene da sé.

A voi i commenti!!!

venerdì 7 luglio 2017

LA CITTA' DELLE OCCASIONI PERDUTE

"I walk this empty street, on the boulevard of broken dreams..."
Così recita una popolarissima canzone dei Green Day di qualche anno fa: Boulevard of broken dreams, la strada dei sogni spezzati.
Ecco, se si potesse la dedicherei ad un'intera città, che è quella in cui ho avuto la residenza fino al 2015, quando mi sono sposato: Asti. Non sono ferrato nella sua storia come possono esserlo alcuni personaggi molto più colti di me, le mie conoscenze sono (per ora) molto sommarie...eppure, leggendo qui e la, provo due sensazioni nette e contrastanti: rimpianto, e rivalsa.

Perché "rimpianto"?

Beh, cari astigiani...guardiamoci allo specchio, tutti quanti, e soprattutto guardiamoci intorno: davvero la città, la nostra città, ci piace così com'è? Non credo, soprattutto leggendo le più varie lamentele sui social network: micro-delinquenza dilagante, inquinamento, rifiuti sparsi qua e la, lavoro che non c'è e non si trova, piccole attività soffocate dalla GDO e dalla burocrazia...eccetera, eccetera, eccetera. Tutto vero eh, al netto delle esagerazioni di turno i problemi ci sono e sono sotto gli occhi di tutti. Senza contare la percezione che può avere chi vive lontano, e magari ha sentito parlare di Asti solo per lo spumante, o il Barbera.
In questo senso, ecco cosa mi capitò tempo fa: nella chat privata di un gioco di ruolo, quando dissi di essere astigiano la risposta fu "aaaah, ubriaconeeeeee :-) :-)". Così, tanto per dire...
Poi, c'è la lamentela PRINCIPE, che sento da quando sono nato: "ad Asti non c'è mai niente"...informarsi un po' no eh? Suvvia, ora c'è anche internet, si trova tutto con un minimo sforzo...ma sto divagando, e non ho ancora risposto alla domanda di qualche riga fa: perché "rimpianto"?

Beh, torno a dire: guardatevi attorno, magari nelle vie del centro storico, tra i palazzi di cui pochi si curano di conoscere la storia, e riflettete un attimo: gli edifici storici parlano, se li sappiamo osservare. Personalmente, più li guardo e più mi fanno pensare ad un'antica grandezza che, se ci documentiamo almeno un po', sappiamo essere esistita tra alti e bassi nei secoli, fino all'avvento di Napoleone.

Lo storico Carlo Vassallo, in proposito, ebbe a dire:

"Se Asti avesse saputo durar concorde, forse il Po, avrebbe dovuto al Tanaro invidiare la capitale del Piemonte".


Il dipinto "Cristo e gli apostoli sulla riva del Borbore", della cerchia di Bartolomeo Caravoglia (1670), esposto a Palazzo Mazzetti. Anticamente Asti era soprannominata "La città delle cento torri". Un soprannome azzeccato, a giudicare da ciò che si vede sullo sfondo.
Mica male vero?
Solo che, purtroppo, con i "se" e con i "ma", non si fa la Storia, e quel "se" di Vassallo pesa come un macigno su ciò che poteva essere e che non è stato. Lotte fratricide, contrasti, guerre contro nemici interni ed esterni hanno impedito nei secoli ad Asti di fare il definitivo "salto di qualità" compiuto invece da altre città come Milano, Mantova, Ferrara, Firenze ed altre che, trasformatesi in signorie, seppero far durare la loro prosperità per molto tempo. Così purtroppo non è stato, e il cosiddetto "riassetto urbano" del '900 ha fatto il resto, distruggendo parte del patrimonio storico. Il rimpianto di cui sopra deriva proprio da questo: dalla consapevolezza che, con un minimo di lungimiranza in più, ora vivremmo in una città molto diversa, e forse molto migliore. Invece, l'attitudine all'essere "bastian cuntrari" e a guardare solo al proprio orticello (che ci trasciniamo ancora oggi) ha tarpato, e tarpa tuttora le ali alla città. 

Di recente, ho letto "Nel nome di Asti", romanzo storico di Ito de Rolandis ambientato in epoca pre-rinascimentale, e ne sono rimasto affascinato, anche per il fatto di poter identificare alcuni luoghi dell'ambientazione con luoghi reali e tuttora esistenti. Alla fine del libro mi son fermato a riflettere e, pensando alla situazione attuale, mi son detto "ma come caxxo ci siamo ridotti...altro che Aste Nitet Mundo Sancto Custode Secundo". Da qui, "rivalsa", il secondo sentimento di cui parlavo all'inizio.

Intendiamoci: il mio non è un proposito di ritorno all'antico come quello scherzoso di alcune pagine Facebook tipo Feudalesimo e Libertà, non ho intenzione di fondare una casana, edificare un quartiere murato e fortificato come facevano secoli fa le famiglie astigiane più abbienti, o proclamare la rinata Repubblica Astese. Né intendo rivolgermi all'una o all'altra parte politica, il discorso è molto più profondo, e sicuramente è apartitico ed apolitico. Con questo "pezzo", mi rivolgo a me stesso e a ciascun singolo astigiano, autoctono o adottivo: possibile che la mentalità e le capacità che hanno fatto grande Asti nei secoli passati siano svanite del tutto? O semplicemente sono lì, a covare come fuoco sotto la cenere, aspettando il momento giusto per riemergere?

Da inguaribile ottimista, sono decisamente per la seconda ipotesi, e mi dico: "Sono astigiano, e sono orgoglioso di esserlo. Con le mie qualità e i miei difetti. Prima di dire che la mia città fa schifo e che non ha nulla da offrire, devo pensare a cosa posso fare nel mio piccolo per migliorarla...a partire da me stesso".

Ah, a proposito: tra le città candidate a capitale italiana della cultura per il 2020, c'è anche Asti. A buon intenditor poche parole...

A voi i commenti!!!


Grazie a Gianluigi Bera per la consulenza

domenica 26 marzo 2017

UNA "BELLA" NOTIZIA...IN TUTTI I SENSI!!!

A fine febbraio 2017 è stata data una notizia che forse non ha avuto la risonanza che meritava: lo splendido Palazzo Borromeo, sull'Isola Bella (lago Maggiore) è in procinto di essere reso finalmente accessibile alle persone con difficoltà di deambulazione, inclusi i disabili in carrozzina.

Per esperienza personale (mia moglie si muove in carrozzina), essendoci stati due volte durante le vacanze estive, posso dire "finalmente"!! Pur essendoci sempre mossi con molto spirito di adattamento, e pur essendo abituati a superare le barriere architettoniche, Palazzo Borromeo e l'Isola Bella in genere hanno sempre rappresentato un ostacolo insormontabile per noi, che siamo sempre stati confinati nei dintorni dell'approdo dei battelli senza poter andare oltre: passi per i gradoni, ma la combinazione ciottolato + ostacoli assortiti è troppo perfino per noi e, credetemi, non siamo persone che si arrendono così facilmente. Per contro, la meno rinomata (ma super-caratteristica) Isola dei Pescatori è praticamente accessibile al 100%, l'abbiamo girata tutta da cima a fondo.

Non resta quindi che aspettare che, compatibilmente con i tempi di realizzazione e con i vincoli architettonici, l'Isola Bella diventi finalmente un patrimonio accessibile davvero a tutti. Andateci, ne vale la pena!!

EDIT: notizia originale qui, a firma Luca Gemelli.