venerdì 7 luglio 2017

LA CITTA' DELLE OCCASIONI PERDUTE

"I walk this empty street, on the boulevard of broken dreams..."
Così recita una popolarissima canzone dei Green Day di qualche anno fa: Boulevard of broken dreams, la strada dei sogni spezzati.
Ecco, se si potesse la dedicherei ad un'intera città, che è quella in cui ho avuto la residenza fino al 2015, quando mi sono sposato: Asti. Non sono ferrato nella sua storia come possono esserlo alcuni personaggi molto più colti di me, le mie conoscenze sono (per ora) molto sommarie...eppure, leggendo qui e la, provo due sensazioni nette e contrastanti: rimpianto, e rivalsa.

Perché "rimpianto"?

Beh, cari astigiani...guardiamoci allo specchio, tutti quanti, e soprattutto guardiamoci intorno: davvero la città, la nostra città, ci piace così com'è? Non credo, soprattutto leggendo le più varie lamentele sui social network: micro-delinquenza dilagante, inquinamento, rifiuti sparsi qua e la, lavoro che non c'è e non si trova, piccole attività soffocate dalla GDO e dalla burocrazia...eccetera, eccetera, eccetera. Tutto vero eh, al netto delle esagerazioni di turno i problemi ci sono e sono sotto gli occhi di tutti. Senza contare la percezione che può avere chi vive lontano, e magari ha sentito parlare di Asti solo per lo spumante, o il Barbera.
In questo senso, ecco cosa mi capitò tempo fa: nella chat privata di un gioco di ruolo, quando dissi di essere astigiano la risposta fu "aaaah, ubriaconeeeeee :-) :-)". Così, tanto per dire...
Poi, c'è la lamentela PRINCIPE, che sento da quando sono nato: "ad Asti non c'è mai niente"...informarsi un po' no eh? Suvvia, ora c'è anche internet, si trova tutto con un minimo sforzo...ma sto divagando, e non ho ancora risposto alla domanda di qualche riga fa: perché "rimpianto"?

Beh, torno a dire: guardatevi attorno, magari nelle vie del centro storico, tra i palazzi di cui pochi si curano di conoscere la storia, e riflettete un attimo: gli edifici storici parlano, se li sappiamo osservare. Personalmente, più li guardo e più mi fanno pensare ad un'antica grandezza che, se ci documentiamo almeno un po', sappiamo essere esistita tra alti e bassi nei secoli, fino all'avvento di Napoleone.

Lo storico Carlo Vassallo, in proposito, ebbe a dire:

"Se Asti avesse saputo durar concorde, forse il Po, avrebbe dovuto al Tanaro invidiare la capitale del Piemonte".


Il dipinto "Cristo e gli apostoli sulla riva del Borbore", della cerchia di Bartolomeo Caravoglia (1670), esposto a Palazzo Mazzetti. Anticamente Asti era soprannominata "La città delle cento torri". Un soprannome azzeccato, a giudicare da ciò che si vede sullo sfondo.
Mica male vero?
Solo che, purtroppo, con i "se" e con i "ma", non si fa la Storia, e quel "se" di Vassallo pesa come un macigno su ciò che poteva essere e che non è stato. Lotte fratricide, contrasti, guerre contro nemici interni ed esterni hanno impedito nei secoli ad Asti di fare il definitivo "salto di qualità" compiuto invece da altre città come Milano, Mantova, Ferrara, Firenze ed altre che, trasformatesi in signorie, seppero far durare la loro prosperità per molto tempo. Così purtroppo non è stato, e il cosiddetto "riassetto urbano" del '900 ha fatto il resto, distruggendo parte del patrimonio storico. Il rimpianto di cui sopra deriva proprio da questo: dalla consapevolezza che, con un minimo di lungimiranza in più, ora vivremmo in una città molto diversa, e forse molto migliore. Invece, l'attitudine all'essere "bastian cuntrari" e a guardare solo al proprio orticello (che ci trasciniamo ancora oggi) ha tarpato, e tarpa tuttora le ali alla città. 

Di recente, ho letto "Nel nome di Asti", romanzo storico di Ito de Rolandis ambientato in epoca pre-rinascimentale, e ne sono rimasto affascinato, anche per il fatto di poter identificare alcuni luoghi dell'ambientazione con luoghi reali e tuttora esistenti. Alla fine del libro mi son fermato a riflettere e, pensando alla situazione attuale, mi son detto "ma come caxxo ci siamo ridotti...altro che Aste Nitet Mundo Sancto Custode Secundo". Da qui, "rivalsa", il secondo sentimento di cui parlavo all'inizio.

Intendiamoci: il mio non è un proposito di ritorno all'antico come quello scherzoso di alcune pagine Facebook tipo Feudalesimo e Libertà, non ho intenzione di fondare una casana, edificare un quartiere murato e fortificato come facevano secoli fa le famiglie astigiane più abbienti, o proclamare la rinata Repubblica Astese. Né intendo rivolgermi all'una o all'altra parte politica, il discorso è molto più profondo, e sicuramente è apartitico ed apolitico. Con questo "pezzo", mi rivolgo a me stesso e a ciascun singolo astigiano, autoctono o adottivo: possibile che la mentalità e le capacità che hanno fatto grande Asti nei secoli passati siano svanite del tutto? O semplicemente sono lì, a covare come fuoco sotto la cenere, aspettando il momento giusto per riemergere?

Da inguaribile ottimista, sono decisamente per la seconda ipotesi, e mi dico: "Sono astigiano, e sono orgoglioso di esserlo. Con le mie qualità e i miei difetti. Prima di dire che la mia città fa schifo e che non ha nulla da offrire, devo pensare a cosa posso fare nel mio piccolo per migliorarla...a partire da me stesso".

Ah, a proposito: tra le città candidate a capitale italiana della cultura per il 2020, c'è anche Asti. A buon intenditor poche parole...

A voi i commenti!!!


Grazie a Gianluigi Bera per la consulenza

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