venerdì 7 dicembre 2018

LA MACCHINA DEL TEMPO

Anno Domini 2018.
E' quasi Natale. Tempo di settimane bianche, pranzi, cenoni, uscite con gli amici, presepi, regali sotto l'albero, giochi e risate.
Tempo di bilanci per l'anno appena trascorso, e di propositi per l'anno nuovo. Che se si riuscisse a mantenerne anche solo qualcuno chissà come si starebbe...ma si sa che la volontà è debole.
Ecco, tra i regali sotto l'albero potevano mancare le ultime novità legislative da parte del governo? Naturalmente no. Solo che non mi sarei mai aspettato che, a distanza di 80 anni, potessero essere DI NUOVO promulgate le leggi razziali!

Ecco, dopo questa sparata mi sembra già di sentire certe reazioni e commenti: "PDiota", "buonista", "rosicone", "la pacchia è finita", "radical chic" eccetera. Tutti esempi del campionario pentaleghista già sentiti e strasentiti.

Sapete qual è il vostro problema, cari amici gialloverdi? Che fondamentalmente non siete così cattivi ma, per mille cause diverse, avete una visione del mondo estremamente povera e limitata. Per voi o è tutto bianco, o è tutto nero. Per voi, se qualcuno dice qualcosa in disaccordo con i vostri leader, è per forza di cose un "PDiota".
Beh, mi dispiace sinceramente per voi, dico davvero. Mi dispiace che non siate in grado di cogliere i milioni di sfumature che può avere il pensiero umano, e mi fa incazzare a bestia, quello sì, che siate così facilmente manipolabili da persone appena appena più furbe di voi che vi indicano, di volta in volta, il nemico da colpire con tutta la vostra rabbia repressa: vedi ad esempio la manifestazione dell'8 dicembre e le foto dei "nemici" con la didascalia "io non ci sarò". Uno scenario decisamente orwelliano.

Sapete che c'è?

C'è che se questa vostra povertà di pensiero non fosse salita al potere e non fosse potenzialmente devastante, beh, probabilmente nessuno vi direbbe nulla. Vi si lascerebbe in pace nel vostro limbo, o se preferite nel vostro tavolo preferito del bar, a parlare di tutto e di niente con l'aria di quelli che ne sanno perché sono cresciuti all'università della vita. Solo che, vista la situazione, stare zitti significa essere complici delle vostre malefatte presenti e future. NO GRAZIE.

Dove voglio arrivare?

Torniamo alla mia sparata:  LEGGI RAZZIALI. Due paroline che evocano un periodo buio della nostra storia, e che i pentaleghisti si affannano continuamente ad allontanare, dicendo che le loro scelte non c'entrano nulla col razzismo. Peccato che poi i fatti dicano altro. In particolare, un paragrafo della legge finanziaria che riguarda le famiglie di immigrati REGOLARI che vivono e lavorano qui in Italia pagando regolarmente le tasse, che hanno 3 o più figli a carico, e con un ISEE inferiore a 30000 euro. Ecco, finora queste famiglie, al pari di quelle italiane, avevano accesso tramite la "Carta della famiglia" a sconti e tariffe agevolate presso negozi ed enti aderenti all'iniziativa. Tutto regolare: chi paga le tasse regolarmente ha diritto ad accedere ai servizi...finora.

Già, perché la legge finanziaria ha TAGLIATO questa possibilità, riservandola SOLO ai cittadini comunitari. Gli altri, nisba.

Alla faccia di chi dice che "chi viene qui per lavorare e si comporta bene è mio fratello". Chi è già che lo dice sempre? Ah si, un certo signore che spesso si veste di verde...

Se non è razzismo, questo, allora cos'è? No perché io non trovo altri termini per definirlo...


martedì 18 settembre 2018

UN RISCHIO CALCOLATO?

Chi mi conosce sa che tendo ad essere piuttosto critico nei confronti dell'attuale governo Lega-5 Stelle, pur non risparmiando appunti anche a chi prima deteneva il potere. In tutto questo cerco di essere onesto: se una cosa ritengo sia fatta bene, chiunque l'abbia fatta, ha il mio plauso. Così come, se ritengo sbagliato un provvedimento, riceverà le mie critiche qualunque sia la provenienza. Insomma, questo blog NON GUARDA IN FACCIA A NESSUNO, tanto per essere chiari.

Perché questa introduzione? Beh, di norma non sarebbe necessaria, ma con i tempi che corrono è doverosa: se critichi le scelte dell'attuale governo, sei bollato automaticamente come "zecca comunista" o "seguace del PD" dai fan più sfegatati del "capitano". Insomma, il diritto di critica e la libertà di opinione, per alcuni, sono un optional.

Mi sono dilungato troppo, veniamo al dunque.

In questi giorni, tra le tante proposte al vaglio del governo Conte (ricordiamocelo ogni tanto: CONTE, non SALVINI), ce ne sono due in particolare che mi hanno colpito: quella sulla detenzione delle armi da fuoco, e il cosiddetto "Decreto Pillon", dal nome del senatore leghista primo firmatario.

Partiamo dalla normativa sulle armi (che è GIA' LEGGE dal 14 settembre 2018): cosa cambia?

Ecco il riassunto in soldoni:

  • Raddoppio delle armi sportive di cui è consentita la detenzione (da 6 a 12)
  • Aumento dei proiettili consentiti nei caricatori delle armi sportive corte (da 15 a 20)
  • Aumento dei proiettili consentiti nei caricatori delle armi sportive lunghe (da 5 a 10)
  • Obbligo, per chi detiene armi sportive, di appartenenza ad un'associazione di tiro (senza l'obbligo di presentarsi regolarmente ad un poligono o di seguire corsi specifici)
  • Vendita delle armi di derivazione militare (come fucili AR15 o AK-47 "Kalashnikov") consentita solo ai tiratori sportivi
  • Diminuzione della durata della licenza per le armi da caccia (da 6 a 5 anni)
  • NON obbligo di avvisare i familiari/conviventi del possesso dell'arma
Non essendo del settore, non posso dire a priori se questo provvedimento sia giusto o sbagliato. E' interessante però notare come il sig.Salvini si sia impegnato formalmente all'Hit Show, la fiera delle armi di Vicenza, a varare un provvedimento volto ad aumentare le vendite di armi da fuoco. Nessuna illazione, tutto documentato. Un favore in pieno stile americano che, indubbiamente, muoverà un bel mucchio di soldi in direzione dei produttori di armi, e una manciata di voti verso la Lega. 

Veniamo ora al Decreto Pillon, attualmente in discussione. Eccone i punti salienti:
  • Cancellazione dell'assegno di mantenimento per i figli, sostituito da una divisione delle spese tra i genitori
  • Divisione equa del tempo passato con i figli
  • Indennizzo per il genitore che lascia la casa di proprietà all'altro genitore
  • Obbligatorietà della mediazione familiare
Posto che il primo punto secondo me rischia di scatenare una lotta all'ultimo scontrino tra due persone già in conflitto, mi soffermerei sull'ultimo punto: l'obbligatorietà della mediazione familiare tramite avvocato/psicologo/altro soggetto abilitato per avviare l'iter di separazione. Al momento, questa possibilità esiste già, ma è solo un'opzione prevista dal nostro ordinamento. Così, diventerebbe un obbligo. Da notare, lo Stato non scucirebbe neanche un euro: tutta la procedura è a carico dei coniugi che si vogliono separare.

E' evidente che, con questa mossa, vi sia la volontà di rendere più difficili le separazioni frapponendo un ostacolo economico (Pillon è noto per le sue posizioni politiche ultra-religiose). In questo calderone, purtroppo, rischiano di finire anche le vittime di violenza domestica che, se sono già in difficoltà economica, avranno una "ragione" in più per NON denunciare il partner violento e che, se anche lo facessero, affronterebbero un percorso giudiziario interminabile e ricco di incognite. Nel frattempo, se ci sono bambini, sono tutti cavoli loro, dovendo avere obbligatoriamente a che fare con un genitore abusante che, fino a prova contraria, per la giustizia è INNOCENTE.

Come per la legge sulle armi, è interessante notare un dettaglio: che mestiere fa il signor Pillon? Ma guarda che combinazione, avvocato con master in mediazione familiare!! Non ci sarà mica un leggerissimo conflitto d'interessi? Ma no, cosa dico, questo è il governo del cambiamento...intanto, sul suo sito web, ha preannunciato imminenti novità proprio in tema di mediazione familiare.

Ora, mi chiederete: qual è il nesso dei due provvedimenti, a parte la provenienza leghista e il sospetto conflitto di interessi?

Ecco il mio parere: se passasse il Decreto Pillon così com'è, questo, in combinazione con la nuova legge sulle armi, costituirebbe una miscela ESPLOSIVA.

Eh sì. Proviamo ad immaginare una famiglia che non naviga nell'oro, e che ha problemi tali da giungere al proposito di separarsi: c'è da affrontare il costo della mediazione. A quel punto che si fa? Si va avanti col rischio di andare ancora più in difficoltà economica, uno dei due se ne va di casa (dove? Dai genitori, se ci sono ancora? Sotto a un ponte? E con i bambini, come facciamo?), o si prova a convivere nonostante tutto? 

In tutti e tre i casi, c'è una possibilità concreta: quella che salti fuori un'arma da fuoco di cui nessuno sapeva niente, e che qualcuno, esasperato o comunque già di per sé incline alla violenza, SPARI. Non facciamo finta di stupirci, succede già adesso, e se davvero passasse questa nuova normativa così com'è prepariamoci pure a piangere per molte altre tragedie familiari.

Ci avranno pensato i politici leghisti, a questa eventualità? Gliene importa qualcosa se qualche donna in più ci lascerà sicuramente le penne per mano di un partner pistolero? Ci pensano, gli elettori della Lega, i fans più sfegatati del "capitano", o hanno annullato completamente la loro capacità di ragionamento delegandola a Salvini e alla sua ciurma?

A voi i commenti!!

FONTI:











martedì 4 settembre 2018

COLPO GROSSO IN PIAZZA ALFIERI-considerazioni sul Palio 2018

Alzi la mano chi avrebbe scommesso sull'esito della Corsa del 2 settembre.



Se potessi rivolgere questa domanda a tutti i vari borghigiani e appassionati, vedrei pochissime mani alzate. Forse giusto quelle dei moncalvesi, e forse neanche tutte.

Io stesso non ci avrei scommesso un centesimo bucato, soprattutto a vedere l'esito delle batterie: con Torretta, San Martino-San Rocco e San Lazzaro eliminati, l'edizione 2018 sembrava cucita addosso a San Secondo, con Andrea Mari "Brio" e Bomario da Clodia. L'accoppiata sansecondina aveva pure avuto la fortuna di essere estratta in prima batteria. La sola Cattedrale (Dino Pes "Velluto" su Ribelle da Clodia) pareva essere in grado di dire la propria, mentre Tanaro (Sandro Gessa "Gessino" su Portorose) e Don Bosco (Giovanni Atzeni "Tittia" su Umatilla) avevano lo svantaggio dell'estrazione in seconda e terza batteria. E invece niente: tutti i pronostici sono finiti all'aria, travolti dalla corsa di Calliope da Clodia e da un ragazzo di 23 anni, Federico Arri, che ha tenuto fede al suo soprannome di "Guerriero" con un Palio gagliardo e combattuto fino all'ultimo metro. Prima ferma in batteria la rimonta disperata della Torretta poi, in finale, parte in testa (nonostante la posizione alta allo steccato) e respinge tutti gli attacchi da parte di accoppiate molto più quotate. 10 e lode a lui, alla cavalla e al Comitato Palio di Moncalvo, che ha colto il suo 5°successo.

Parlando dei piazzati:
Dino Pes "Velluto" (Cattedrale): batteria superata agevolmente, gestendo il cavallo. In finale parte in sordina, ma va in crescendo e si fa sotto negli ultimi metri, purtroppo per lui invano. Il digiuno della Cattedrale si allunga ancora...DIESEL.

Andrea Mari "Brio" (San Secondo): spadroneggia in prima batteria e, all'ingresso della finale, la vittoria pare solo una formalità vista l'assenza di quasi tutti i favoriti della vigilia. Il verdetto della pista è ben diverso, e gli va pure bene che il rivale Tanaro cede di schianto, altrimenti...SORPRESO.

Giovanni Atzeni "Tittìa" (Don Bosco): ha la sfiga di essere estratto in terza batteria (dominata), pessimo punto di partenza se hai ambizioni di vincere. In finale parte a razzo insidiando la prima posizione di Moncalvo, ma dura poco. SFORTUNATO.

Alessandro Cersosimo "Nando" (Nizza M.to): dimostra grande freddezza in batteria respingendo gli attacchi di S. Pietro (Carlo Sanna "Brigante" su Spartaco da Clodia) e Baldichieri (Mattia Chiavassa "Geronimo" su Unico de Aighenta) e strappando il terzo posto. In finale parte piano, ma recupera e risale fino al 5°posto. CONFERMA.

Andrea Chessa "Nappa II" (Montechiaro): finalmente!! Supera senza problemi la batteria, in finale riesce addirittura a girare secondo al Cavallone, ma Uan King non ha il passo degli altri e ben presto finisce risucchiato nel gruppo. IN CRESCITA.

Bastiano Sini "Bastoncino" (San Silvestro): esordire in una pista come Asti è sempre complicato, per fantini e cavalli. L'accoppiata oro-argento supera la batteria eliminatoria senza patemi, mentre in finale parte dietro e si limita a stare lontano dai guai. SORPRESA.

Antonio Siri "Amsicora" (San Damiano): dopo la delusione dell'anno scorso, supera la terza batteria eliminatoria con una corsa tutta cuore, bruciando il favorito San Lazzaro proprio sul bandierino d'arrivo. In finale probabilmente paga lo sforzo sostenuto e si limita ad un ruolo da comparsa. CAPARBIO.

Sandro Gessa "Gessino" (Tanaro): nel caos alla mossa della seconda batteria rischia grosso andando a terra, ma si riprende e vince agevolmente. In finale riesce anche a passare in testa per alcuni istanti, ma al Cavallone va largo e Federico Arri lo ripassa. Di lì in poi, il cavallo Ultimo Baio finisce la benzina e precipita in ultima posizione. Per sua fortuna, il rivale San Secondo non trova lo spunto per andare a vincere. FUOCO DI PAGLIA.


Due parole anche sugli eliminati in batteria:



Valter Pusceddu "Bighino" (Torretta N.S.L.): a vedere l'andamento della batteria, in Corso Torino possono solo mangiarsi le mani. Il cavallo Tiepolo era in formissima, e l'ha dimostrato quando, dopo una partenza disastrosa, ha rimontato fino ad insidiare il terzo posto di Moncalvo. Inutilmente, perché Arri gli ha chiuso tutti i varchi. OCCASIONE BUTTATA.


Giuseppe Zedde "Gingillo" (San Lazzaro S.D.S.): infilato da San Silvestro, mantiene il terzo posto fin quasi alla fine, quando San Damiano lo brucia proprio sull'arrivo eliminandolo dal Palio. L'appuntamento col 5°successo e con la doppietta personale è rimandato. SVERNICIATO.

Francesco Caria "Tremendo" (San Martino-San Rocco): Preziosa Penelope non sembra in giornata, parte male e non sembra avere lo spunto giusto. La corsa di Tremendo finisce con una caduta al primo Cavallone, (forse con la complicità della Torretta), mentre la cavalla non rimonta. TARPATO.


Carlo Sanna "Brigante" (San Pietro): ancora una delusione per Sanna, che non riesce a trovare il varco giusto per passare Cersosimo in prima batteria. Non gli mancheranno le occasioni per rifarsi. RIMANDATO.


Mattia Chiavassa "Geronimo" (Baldichieri): cerca di far dimenticare il suo esordio col botto di 4 anni fa e diciamo che ci riesce anche, ultimando i 3 giri della batteria. Come Sanna, gli manca lo spunto per passare Nizza ed entrare in finale. BUONA LA PROSSIMA.


Famiglia Bruschelli: Asti non è cosa loro. Mai in corsa per la finale, né il figlio Enrico "Bellocchio" (San Paolo), né il papà Luigi "Trecciolino" (Santa Maria Nuova). In più Bruschelli Senior paga un tentativo di forzatura con un brutto ruzzolone al canapo, per fortuna senza conseguenze per nessuno. Per il resto, il nulla. EVANESCENTI.

Donato Calvaccio "Il Musico" (Castell'Alfero): dispiace davvero vedere uno dei 2 fantini astigiani in gara faticare in quel modo mentre l'altro trionfa. Quasi sempre fuori posto al canapo, si becca gli improperi del mossiere, e in gara non riesce mai a lottare per le posizioni che contano, probabilmente il cavallo che aveva non gli permetteva di più. Un vero peccato. VERRANNO TEMPI MIGLIORI.

Simone Mereu "Deciso" (Santa Caterina): per il secondo anno consecutivo Mereu si becca una retrocessione in seconda fila per la pericolosità del cavallo. In piazza Alfieri, questo equivale ad una eliminazione praticamente certa se non hai un soggetto nettamente superiore agli altri, ed è esattamente ciò che avviene. NON VALUTABILE.

Alessio Migheli "Girolamo" (Viatosto): torna ad Asti, e viene retrocesso in seconda fila. Vedi Mereu.

Massimo Columbu "Veleno II" (Canelli): si ripresenta con il cavallo dell'anno scorso, ma stavolta non gli riesce l'impresa e rimedia l'eliminazione. ALTI E BASSI.

Alessandro Chiti "Voragine" (San Marzanotto): ritorna ad Asti dopo aver saltato il Palio 2017 per infortunio, ma credo se ne siano accorti in pochi. Pensare che il Borgo oro-blu l'aveva fatto tornare strappandolo a San Silvestro dopo aver appiedato Andrea Farris...CHI L'HA VISTO?

Infine, il mossiere Renato Bircolotti:

il suo dovere è quello di dare una mossa il più possibile valida, ben sapendo che quella perfetta è praticamente impossibile. Quando vede che le cose vanno per le lunghe, giustamente convalida la partenza anche con le posizioni scambiate. Quelli, in fin dei conti, sono problemi dei fantini. OK le sanzioni in prima batteria, la sicurezza prima di tutto. Così così la mossa della finale, con due cavalli arretrati, ma quello probabilmente è dipeso dalla diretta RAI, sfumata come al solito. MEGLIO 1 BIRCOLOTTI CHE 100 MATTEUCCI.

Siete d'accordo? Non siete d'accordo?

A voi i commenti!!



lunedì 19 marzo 2018

UNA MANO AL CUORE, L'ALTRA AL PORTAFOGLIO

Ciao a tutti.
Complice il poco tempo a disposizione, ammetto di aver trascurato un po' il mio spazio virtuale...ci sono però cose che meritano attenzione, spazio e tempo.
Parto subito con una domanda a bruciapelo: quanti di noi hanno, o hanno avuto a che fare, con il CANCRO, in qualsiasi forma? Quanti lo hanno provato sulla propria pelle, o hanno visto soffrirne (e, talvolta, morirne) un parente, o un caro amico, o un semplice conoscente?
Ammettiamolo: TUTTI. Ormai possiamo dirlo con certezza: il cancro è la peste dei tempi moderni. Spesso asintomatico, attacca di nascosto e, senza un'adeguata diagnosi precoce, viene curato e combattuto tardi. A volte, troppo tardi.
Ho già parlato di cancro su questo blog, quando scrissi la storia "a puntate" dell'amianto e delle malattie ad esso correlate tra cui il mesotelioma. Un tipo di tumore che, ad oggi, nel 2018, è incurabile e non lascia scampo a chi ne viene colpito.
Si sa, la ricerca ha fatto negli anni passi da gigante, le statistiche di sopravvivenza sono in costante miglioramento, eppure di cancro si continua a morire, a qualsiasi età. Per questo è necessario sostenere finanziariamente la ricerca. Quella ricerca che, spesso, viene snobbata e bistrattata dal governo centrale di turno che, per far quadrare i conti, non esita a tagliarle i fondi. Fateci caso, quali sono i settori che vengono SEMPRE, PUNTUALMENTE sacrificati quando si tratta di tagli? SANITA' e ISTRUZIONE.
Ora, nell'attesa di un governo centrale più "illuminato", che capisca finalmente l'importanza della ricerca scientifica e del suo finanziamento (al di là di slogan e paroloni di circostanza), bisogna arrangiarsi da soli perché, purtroppo, il cancro non ci aspetta, se ne frega altamente di noi e delle nostre vite, e continua a mietere vittime.
E' in questo contesto che si inserisce l'iniziativa dell'amico Domenico "Dino" Arena, con cui condivido la passione per i francobolli. Da qualche anno a questa parte, infatti, Domenico ha iniziato una raccolta fondi per finanziare la ricerca sul cancro, in memoria di suo papà Edoardo e dell'amico collezionista Maurizio, entrambi scomparsi per questo terribile male. La raccolta, a cadenza annuale, ha portato negli anni alla donazione di diverse migliaia di euro all'Istituto Nazionale dei tumori (IRCCS). Il tutto all'insegna della massima trasparenza, come si può ben vedere nella pagina Facebook dedicata all'evento. Questa iniziativa è nata all'interno dei vari gruppi filatelici, ma nulla vieta di parteciparvi a prescindere dalla vostra passione o meno per i francobolli. Oppure, avete un amico filatelico e non sapete cosa regalargli? Nessun problema, nel contesto del "Memorial Edo e Maurizio" si svolgono moltissime aste di materiale filatelico donato da tanti amici collezionisti per questo nobile scopo.

Per maggiori informazioni e per partecipare, potete visitare la pagina Facebook del "Memorial Edo e Maurizio" cliccando qui

Alla prossima!!



giovedì 1 febbraio 2018

A PARTI INVERTITE

In una società iper-sessualizzata come la nostra, in cui ormai il nudo e il vedo-non vedo non fanno più lo stesso scalpore che potevano fare qualche anno fa, e in cui ormai non si sa più cosa inventarsi per apparire (scadendo sempre di più nel volgare), se accade qualcosa che va in senso contrario fa subito rumore. Se poi questo "qualcosa" arriva da dove meno lo si aspetta, il rumore è ancora maggiore.
E' il caso di una notizia uscita in questi giorni, e che riguarda Nikita Bellucci, ex pornodiva francese.
No, non si è "riciclata" come opinionista o showgirl come hanno fatto altre sue colleghe, ha invece denunciato un fatto che le sta capitando ultimamente: riceve continuamente messaggi e proposte oscene. Fin qui nulla di troppo strano direte voi, visto il fisico che si ritrova unito al mestiere che ha fatto. C'è però un dettaglio: questi messaggi le arrivano da ragazzi minorenni, che lei ha liquidato invitandoli a tornare a fare i compiti e a non contattarla più.

Ora, non nascondiamoci dietro a un dito: tutti i ragazzi in età puberale e anche oltre, una sbirciata alla rivista o al filmino porno nascosti dal papà o dal fratello maggiore l'hanno data, o si sono procurati materiale hard in prima persona. Per non parlare dei settori di certe edicole, dedicati esclusivamente a giornali e film a luci rosse (ne ricordo in particolare una davanti al Politecnico, quante risate con quei titoli...). 

Qui però siamo su un piano completamente diverso: la pornografia, come tutti sanno, è vietata ai minorenni, per quanto la società tenda a tollerarla. Solo che, finché si trattava della sbirciata alla rivista cartacea o alla videocassetta/DVD, tutto sommato era innocua. Ora invece la fruibilità di materiale a luci rosse è aumentata in maniera esponenziale, a causa di siti web dedicati che consentono anche di pubblicare video prodotti in proprio, emulando le gesta dei divi del porno. Ovviamente questi siti consentono l'interazione tra utenti e utenti, ma anche tra utenti e "produttori" (il funzionamento è il medesimo di Youtube), quindi è molto più facile per l'utente medio arrivare a contattare virtualmente i protagonisti di un video. Figuriamoci poi se a maneggiare il sito è un nativo digitale che, in barba alla minore età, si connette col suo smartphone a tutti i video porno che vuole. Smartphone regalato da genitori o nonni che, molte volte, non sanno neanche cosa siano filtri e controlli parentali. 

Tornando a Nikita Bellucci, la sua denuncia e la sua reazione ai messaggi ricevuti hanno suscitato opinioni contrastanti: se da un lato molti hanno applaudito e approvato il suo comportamento, c'è anche stato chi, invece, non ha gradito. Genitori che si sono trincerati dietro ad una cortina di moralismo, evidentemente irritati dall'aver ricevuto una lezione da una "poco di buono" che non può certo insegnare loro come educare i figli. Addirittura, la Bellucci è stata insultata così pesantemente e da così tante persone, che alla fine ha deciso di rimuovere dal suo profilo personale le immagini dei messaggi incriminati e delle sue risposte.

Eppure, signori miei, Nikita Bellucci ha ragione da vendere.

Ha ragione perché, come detto poc'anzi, il porno è molto, ma molto più accessibile di una volta, e la sua fruizione incontrollata da parte di adolescenti in piena tempesta ormonale può avere conseguenze gravi: le scene che si vedono nei filmati non sono una fotografia della vita reale, ma se non lo si dice ai ragazzi con un'adeguata educazione sessuale (di cui si parla da decenni, facendo poco o nulla) loro non lo possono sapere, ritrovandosi così con una percezione del sesso completamente distorta e sbagliata. Per non parlare del rischio di finire in giri di pedofilia...

Chi ha criticato e insultato Nikita Bellucci per il suo comportamento, evidentemente non si accorge di essere in una situazione incoerente e contraddittoria: non vuole ricevere lezioni di vita da una ex pornodiva ma, nel contempo, "delega" a tutti gli effetti l'educazione sessuale dei propri figli a lei e ai suoi colleghi consentendo loro di accedere a contenuti riservati ad adulti, vale a dire soggetti con una personalità già formata e definita. Una vera, pericolosa, inversione delle parti.

Con questa situazione, non c'è da stupirsi se si assiste ad un'oggettificazione sempre più pesante delle donne, ridotte nell'immaginario dei ragazzini a semplici "scatole del piacere"...col rischio che le loro coetanee, per sentirsi "grandi", si adeguino.

Vogliamo darci una mossa e invertire la tendenza?

A voi i commenti!!

Fonti:

Notizia su "Il Fatto Quotidiano"

venerdì 12 gennaio 2018

UN TABU' INFRANTO

Tabù: una parola che porta con sé il fascino del proibito e del segreto. Tutti noi ne abbiamo qualcuno, ammettiamolo. Magari qualche piccolo segreto che non ci va di confessare, o magari un limite che ci imponiamo di non superare, in base alla nostra educazione, alle nostre esperienze personali. Questo può valere per le singole persone, ma anche per gruppi più o meno folti...fino ad arrivare addirittura ai grandi colossi dell'imprenditoria. In questi casi, il o i tabù si nascondono tra le pieghe delle "politiche aziendali", che indicano allo staff la direzione da seguire. Questo discorso, in genere, vale per le grandi industrie dello spettacolo e del divertimento collettivo...come ad esempio la Disney che, come tabù, ha quello della morte.
Scelta comprensibile: i cartoni animati Disney sono destinati principalmente ad un pubblico di bambini, è normale che l'azienda scelga di escludere, o di limitare moltissimo, la trattazione dell'idea della morte: quando l'ha fatto, però, ha prodotto scene che sono rimaste impresse a distanza di tanti anni:chi non è stato traumatizzato dalla morte della mamma di Bambi, o del papà di Simba, il Re Leone? O, più di recente, dalla scomparsa dei genitori di Anna ed Elsa, in Frozen?
Si può perciò dire che la Disney abbia scelto, finora, di centellinare le apparizioni della signora di nero vestita. Solo che...a tutto c'è un'eccezione e, nel caso della Disney, essa è costituita dal film Coco, appena uscito nelle sale.
Ora, se non lo avete ancora visto siete invitati a fermarvi qua (e a vederlo il prima possibile, perché merita), il rischio spoiler è altissimo, e non voglio essere il responsabile di una visione rovinata.

Se invece decidete di proseguire, ecco alcune informazioni:

Coco ruota interamente attorno alla festività messicana del Dia de Muertos, il giorno dei morti. Nato dalla commistione tra le culture tradizionali locali e le usanze cristiane importate dai Conquistadores, il Dia de Muertos costituisce l'unica occasione durante l'anno di "incontro" con i propri cari defunti: i vivi lasciano offerte sulle tombe ed allestiscono altari domestici (ofrendas), su cui pongono le foto dei loro antenati. L'esposizione della foto in un'ofrenda garantisce all'anima del defunto di poter passare, almeno per un giorno, nella terra dei vivi.
E' in questo contesto che si svolge la storia di Miguel, un ragazzino di 12 anni che sogna una carriera nel mondo della musica. Questa sua passione è però osteggiata dalla famiglia, in particolare dalla nonna: la causa di tutto ciò è un misterioso trisavolo, il papà di Mama Coco, bisnonna di Miguel ancora in vita. Costui infatti aveva lasciato la famiglia per girare il mondo e seguire in tutto e per tutto la carriera di musicista.
Miguel cerca in tutti i modi di esibirsi nella piazza del paese durante la festa, ma la nonna scopre la sua chitarra segreta e gliela distrugge. A questo punto però accade un fatto imprevisto: Miguel rompe accidentalmente la cornice della foto della trisavola Imelda (in cui appare anche il marito musicista, ad eccezione del viso), e scopre che, in un lembo nascosto dell'immagine, è raffigurata una chitarra, la stessa posta nella tomba del famoso cantante e attore Ernesto de la Cruz. Miguel si convince così che il misterioso trisavolo sia proprio lui e decide così di prenderne la chitarra ma, al primo arpeggio, si ritrova catapultato in una dimensione parallela in cui vede distintamente le anime dei defunti vagare per il cimitero e ricevere le offerte. Incontra così i suoi antenati e anche una misteriosa anima, Hector, che cerca di passare nel mondo dei vivi senza riuscirci perché nessuno ha messo la sua foto nell'ofrenda di famiglia. Miguel, per tornare indietro, deve ricevere la benedizione dei propri antenati, ma la trisavola Imelda gli impone, per ottenerla, di rinunciare alla musica. Il ragazzino rifiuta, si mette in cerca di Ernesto de la Cruz, diventato una celebrità anche nel mondo dei morti...e non vado oltre per non rovinare la sorpresa.

Miguel, il protagonista di Coco
Il filo conduttore del film, alla fine, è sempre lo stesso già visto in molte altre opere: il protagonista "ribelle" che insegue il suo sogno e che, alla fine, riesce a raggiungerlo e a farlo accettare a chi, inizialmente, era contrario. Niente di nuovo si dirà, eppure la presenza silenziosa della morte regala un'atmosfera molto diverso dal solito. Nel film si pone l'accento su di essa non come distacco e perdita, ma piuttosto come semplice passaggio da una dimensione ad un'altra. Il messaggio che ci lascia questo cartone animato, forse più apprezzabile da adulti che non da bambini, è un messaggio di speranza: nessuno muore davvero finché c'è qualcuno tra i vivi a ricordarlo. Con Coco, la Disney si è presa un bel rischio uscendo completamente da quello che è il suo solito terreno infrangendo il tabù della morte e, a giudicare dal risultato, è stata una scommessa vincente.

Oh, sarò sentimentale, ma sono uscito dal cinema con i lacrimoni...

A voi i commenti!!



giovedì 4 gennaio 2018

DALLA PARTE SBAGLIATA...O NO?

Siamo a cavallo tra il XV e il XVI secolo: in Italia, ben lungi dall'essere uno stato unitario, Francia e Spagna si contendono il controllo del territorio fino ad arrivare, nel 1501, alla conquista ed alla spartizione del Regno di Napoli. Come spesso accadeva, la tregua tra le due super potenze durò poco e, appena un anno e mezzo più tardi, francesi e spagnoli ricominciarono a scontrarsi per il possesso di alcuni territori contesi del defunto regno napoletano. E' in questa cornice che avvenne il duello passato alla storia come "Disfida di Barletta".

La storia la conosciamo più o meno tutti: un ufficiale francese prigioniero degli spagnoli, Guy la Motte, durante un banchetto accusò i soldati italiani (che militavano nelle fila spagnole) di codardia e di scarso valore. Gli spagnoli, temendo che si innescasse una sfida che avrebbe portato al ferimento e alla perdita di truppe, cercarono in tutti i modi di dissuadere il la Motte, o almeno di fargli correggere il tiro. Non ci fu nulla da fare, il francese ribadì più volte il suo pensiero, lo scontro per lavare l'onta era inevitabile. Si stabilì perciò che 13 cavalieri francesi avrebbero affrontato 13 italiani in duello, nella piana tra Andria e Corato. Lo scontro fu pianificato nei minimi dettagli: cavalli ed armi degli sconfitti sarebbero stati bottino dei vincitori, più un riscatto di cento ducati per ogni cavaliere sconfitto. In più, si stabilì che qualunque cavaliere uscito dal campo di gara fosse da considerare fuori combattimento, e quindi sconfitto.


Francobollo commemorativo della Disfida di Barletta, emesso in occasione del 5° centenario
L'esito della sfida, come sappiamo, fu favorevole agli italiani che, guidati dal condottiero Ettore Fieramosca, fecero rimangiare al la Motte ogni singola parola: i francesi, talmente sicuri di vincere da non portarsi dietro i soldi del riscatto, furono presi tutti prigionieri e condotti a Barletta in catene.

Di loro si sa poco, giusto i nomi, e poco altro. Tra di loro però, ce ne fu uno che acquisì, suo malgrado, una nomea che dura ancora oggi: quella del mercenario e del traditore. Il suo nome era Claude Grajan d'Aste, italianizzato in Grajano d'Asti.

Paolo Giovio, vescovo e storico vissuto al tempo della Disfida (aveva 20 anni quando avvenne), narra che Grajano (Graziano? Grand Jean?) era "nato in Aste, colonia d'Italia", e che "poco onoratamente, se non a torto, aveva preso l'armi per la gloria d'una nazione straniera contra l'onor di patria".  Tre secoli dopo, fu il turno del poliedrico artista Massimo d'Azeglio che, nel suo Ettore Fieramosca, definisce senza mezzi termini Grajano come "di que' tali che ne vanno dieci per uscio, né bello né brutto, né buono né cattivo; assai buon soldato bensì, ma che avrebbe servito il Turco se meglio lo avesse pagato". Dal romanzo del d'Azeglio sono poi stati tratti tre film, in cui il cavaliere franco-astigiano è sempre, invariabilmente rappresentato come un traditore, contrapposto alla forza e al valore di Fieramosca e compagni, fulgido esempio di italianità.

Già...l'italianità, l'amor di Patria...che all'epoca della Disfida non esisteva. Come ben sappiamo, infatti, l'Italia come nazione esiste dal 17 marzo 1861. Prima, per dirla con le parole di Metternich, "Italia" era una semplice espressione geografica. 



Ragionando in termini concreti, militarmente la Disfida fu un episodio tutto sommato secondario nel teatro della seconda guerra italiana (1499-1504). Il conflitto sancì la spartizione della penisola tra Francia e Spagna, e il valore della Disfida fu più che altro simbolico: la vittoria contribuì a dare lustro ai combattenti italiani, che si guadagnarono così il rispetto e la stima dei cavalieri stranieri, soprattutto francesi. In epoca fascista, poi, la Disfida di Barletta fu declinata in chiave patriottica (e completamente anti-storica).

In tutto questo, il povero Grajano fu doppiamente sfortunato: non solo passò alla storia come traditore ma, come riporta il Giovio, fu l'unico dei contendenti a morire sul terreno dello scontro, per una grave ferita alla testa.


Ebbene, prendendo per buona l'origine astigiana di Grajano, dopo 5 secoli, sarebbe ora di raccontare la verità: Grajano d'Asti non era un traditore. Non lo fu mai. 



Chi ha esaltato l'italica virtù di Fieramosca e compagni, contrapposta al presunto tradimento di Grajano, ha dimenticato a bella posta un dettaglio fondamentale: Asti, nel 1503, era territorio francese e tale rimase, tra alterne vicende, fino al 1525 (sconfitta francese nella battaglia di Pavia).

Proprio così: Asti, persa la sua indipendenza nel 1342, fu portata in dote dalla Principessa Valentina Visconti al matrimonio con Luigi di Valois, celebrato nel 1389. Luigi (assassinato nel 1407) era il nonno paterno del re di Francia Luigi XII, regnante all'epoca della Disfida. Per cui, che Grajano fosse astigiano di famiglia, o fosse figlio di immigrati francesi, magari di estrazione militare, poco importa: da suddito del re di Francia, combatté e morì (logicamente) per i francesi. 

Altro che tradimento. Quella di Grajano fu solo sfortuna nera. Il classico caso in cui ci si trova al posto sbagliato, nel momento sbagliato. Purtroppo, nel sentire comune, la sua figura è rimasta associata all'archetipo del mercenario, e a poco finora sono valse le voci contrarie, sebbene autorevoli. A partire da quella dello storico pugliese Giuseppe Petraglione che, già negli anni '30-'40, aveva ampiamente smontato la tesi del Grajano mercenario e traditore, collocandolo nel giusto contesto storico.


Cosa si può fare? Magari parlarne, come ho appena cercato di fare. In fin dei conti, da astigiani, sarebbe doveroso cercare di cancellare il marchio del traditore dal nome di questo nostro concittadino, che il 13 febbraio 1503, nella piana tra Andria e Corato, fece semplicemente il suo dovere di astigiano e suddito francese.

A voi i commenti!!