Visualizzazione post con etichetta informazioni utili. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta informazioni utili. Mostra tutti i post

venerdì 4 agosto 2017

UN ABBRACCIO MORTALE-PARTE 5 (APPENDICE TECNICA)

Clicca qui per leggere il capitolo precedente

Nei capitoli precedenti ho cercato di esporre, nella maniera più chiara ed esaustiva possibile, quella che è stata la storia dell'amianto e dell'altissimo prezzo che stiamo ancora pagando a causa della sua nocività, e del comportamento inqualificabile di chi sapeva, ma ha preferito tacere, insabbiare e negare in nome del guadagno. In quest'ultimo capitolo cercherò invece di dare qualche informazione tecnica su questo materiale.
Intanto, è doverosa una precisazione: sotto la definizione generica di "amianto", o "asbesto", ricadono in realtà diversi tipi di minerali. Un po' come la "plastica", che racchiude in realtà un'infinità di materiali diversi. I vari tipi di amianto utilizzati a livello industriale hanno un denominatore comune: sono tutti cancerogeni.
Di seguito l'elenco dei vari tipi di amianto presenti in natura:
  • Crisotilo (amianto bianco)
  • Amosite (amianto bruno)
  • Crocidolite (amianto blu)
  • Antofillite
  • Tremolite (non cancerogena nella sua forma standard)
  • Actinolite (idem)
Il crisotilo (dal greco "fibra d'oro") o amianto bianco, è il tipo più diffuso e ricercato di amianto (fonte: Wikipedia)
Senza entrare troppo nel dettaglio, ognuno di questi minerali è stato utilizzato per nelle più svariate applicazioni tecniche, dall'edilizia alla meccanica passando per l'industria alimentare. E' quindi facilmente comprensibile che, viste la loro tossicità e la loro diffusione capillare, il problema di renderli innocui sia diventato di fondamentale importanza.
In questo senso, sono possibili tre modalità: la semplice rimozione, il confinamento, o l'incapsulamento.

Nel primo caso si elimina alla radice la fonte di rischio, ma al prezzo di esporre a loro volta gli operatori specializzati al rischio di inalazione delle fibre di amianto. Il che significa dover prevedere l'uso e la manutenzione di DPI (dispositivi di protezione individuale) specifici, seguendo rigidissimi e rigorosi protocolli.
Embed from Getty Images

Operai al lavoro su una copertura in amianto. Si noti come l'intero corpo debba essere protetto per evitare contatti pericolosi col materiale.


Nel caso del confinamento, il tutto si svolge progettando e costruendo barriere fisiche o altri dispositivi analoghi che isolino l'amianto dal resto dell'ambiente, impedendo così il contatto fisico, e quindi l'inalazione delle fibre nocive. Se si decide di procedere al confinamento, bisogna anche prevedere e definire un programma di controllo e manutenzione delle barriere, per prevenirne l'eventuale perdita di efficacia nel corso del tempo. Questa procedura, per essere efficace, deve essere abbinata all'incapsulamento: esso consiste nel trattamento con prodotti penetranti o ricoprenti, che creano uno strato protettivo. Una sorta di verniciatura, in cui le fibre tossiche vengono bloccate sotto lo strato di materiale aggiunto.

Esiste poi un ulteriore processo, sviluppato in Italia nella metà degli anni '90, chiamato nodulizzazione: esso prevede la macinazione dei componenti in amianto (con annessa separazione da eventuali parti metalliche), e la sua miscelatura con collanti e aggreganti cementizi. Il risultato di questo processo consiste in particelle (noduli) del diametro di circa 15 mm, utilizzabili in edilizia come materiale inerte. Al momento, è stato osservato come i noduli di circa 10 anni di età non presentino problemi di sorta, e continuino ad imprigionare efficacemente le fibre nocive.

Da questa sommaria analisi, si può intuire come il problema delle bonifiche sia quanto mai attuale, e dovrebbe dissuadere nazioni e grandi industrie dal continuare l'estrazione e l'utilizzo di amianto.

Purtroppo, non è così.

Se da un lato molte nazioni hanno dichiarato l'amianto fuorilegge, dall'altro ci sono alcune zone del mondo in cui l'attività estrattiva e di lavorazione è autorizzata e continua a prosperare: Cina, India, Russia, Kazakistan, Brasile ed altre nazioni continuano a produrre ed esportare amianto destinato soprattutto ai Paesi in via di sviluppo ma tra gli acquirenti, nonostante le leggi in vigore, ci sono anche nazioni progredite, tra cui l'Italia.

Ebbene sì.

Nonostante tutto, il nostro Paese non ha ancora imparato la lezione. Cavilli politici, inerzia, avidità, orecchie da mercante delle parti coinvolte fanno sì che le grandi conquiste in campo giuridico e medico-legale in materia molte volte rimangano solo sulla carta e vengano sostanzialmente ignorate, con conseguenze molto, molto gravi.

Uno dei primi doveri di uno Stato di diritto è quello di tutelare chi ci vive, non solo con leggi e provvedimenti ad hoc, ma anche con la loro applicazione sistematica ed efficace. Questo, nel caso dell'amianto e non solo, spesso non avviene. Non starò ad elencare i motivi di questa situazione perché ci vorrebbe un'enciclopedia dedicata, ma in mancanza di tutela "dai piani alti", è giusto che le coscienze si smuovano "dal basso". 
Nel caso dell'amianto questo è già avvenuto in occasione del processo Eternit, ma è necessario fare un ulteriore passo: in economia, da sempre il potere è nelle mani di chi ha denaro, quindi chi ha potere d'acquisto. In parole povere, una soluzione non violenta al problema consiste nell'informazione (circostanziata, non fatta così tanto per far rumore!) e nel boicottaggio senza tregua e a tutto campo: sei un'azienda, o una banca, e hai a che fare con la produzione di amianto e derivati? Benissimo, non avrai mai i miei soldi finché la situazione è questa.
Embed from Getty Images
Un ex operaio della Eternit di Casale Monferrato durante il processo contro il magnate Stephan Schmidheiny. A destra, familiari delle vittime di mesotelioma e malattie asbesto-correlate

Sarei pronto a scommettere che un'azione del genere, fatta su larga scala, sarebbe di sicuro effetto e cambierebbe la situazione in meglio, perché andrebbe a colpire dritti dritti al portafoglio i diretti interessati, costringendoli a cambiare rotta...pensiamoci!!!

A voi i commenti!

FONTI:

mercoledì 26 aprile 2017

INFO UTILI: L'OLIO ALIMENTARE ESAUSTO

Da qualche anno a questa parte si sta pian piano diffondendo la cultura della raccolta differenziata, pur con tutti i problemi organizzativi che può comportare di zona in zona. Si sa, i comportamenti virtuosi non sono mai di facile attuazione, così come non è mai facile modificare le proprie abitudini quotidiane: niente di male per carità, è un comportamento innato in tutti noi, bisogna solo avere la maturità di capire che un minuscolo sforzo a livello personale può tradursi in un grande miglioramento per la collettività.
A questo proposito spostiamoci in cucina, e pensiamo a quando usiamo l'olio per friggere: dai ammettiamolo, anche se ci siamo messi in testa di cucinare senza grassi un peccatuccio di gola in questo senso ogni tanto ci scappa, è normale. Ci gustiamo la nostra frittura e, finita la festa, ci accingiamo a lavare piatti e padelle unti e bisunti di olio. Una sgrossata nel lavandino e, per chi ce l'ha, tutto in lavastoviglie.

In tutto questo, DOVE FINISCE L'OLIO? 

Eh si. L'olio è a tutti gli effetti uno scarto al pari di tutto ciò che buttiamo nella raccolta differenziata. Solo che, a differenza di vetro, carta, plastica ecc. ecc., è molto ma molto più subdolo: una cartaccia buttata a terra salta subito all'occhio, mentre l'olio disperso nell'ambiente, a meno che sia presente in quantità industriale, è pressoché invisibile. Solo che i suoi effetti sono devastanti: tanto per cominciare, la sua presenza nelle acque che arrivano al depuratore affatica tantissimo l'impianto, costringendolo a spendere molta più energia per svolgere il suo compito. In più, la sua tendenza a galleggiare e a non mescolarsi (è più leggero dell'acqua, anche se di poco!!) lo porta a formare un velo sottilissimo, che ostacola l'ossigenazione dell'acqua sottostante creando seri problemi alla sopravvivenza di flora e fauna dei corsi d'acqua.

Voi direte: che danno potrà mai fare la piccola quantità di olio che uso per la mia frittura, o che viene dal mio barattolo di funghetti sott'olio?
Ecco, tanto per farvi un'idea: immaginatevi un'enorme vasca alta un metro, larga altrettanto, lunga 1 km e piena d'acqua fino all'orlo. Totale: 1 milione di litri. Tantissimo, vero? Eppure, è la quantità che viene inquinata da 1 litro d'olio. 1 litro contro 1 milione, è un rapporto esorbitante.

A questo punto, penso che alla maggior parte dei miei (pochi) lettori sia sorta una domanda: COSA POSSIAMO FARE? E' evidente infatti che non si può fare finta di niente, l'inquinamento da olio, ragionando anche solo in termini monetari, rischia di costare tantissimo al nostro portafoglio (i depuratori e le tasse sui rifiuti si devono pur pagare!!).

Ebbene, da questo punto di vista, bisogna ammettere che a livello di servizi pubblici siamo ancora un po' carenti: spesso infatti è il privato cittadino che deve muoversi di persona, cercare il centro/consorzio di raccolta più vicino, e portarvi l'olio che ha messo da parte man mano: un comportamento virtuoso che, per la pigrizia di cui sopra, non è così scontato che venga attuato. Pensando alla mia personale vita quotidiana, quando mi sono trasferito nel paese in cui vivo attualmente, e ho chiesto informazioni in Comune per la raccolta dell'olio esausto, la segretaria è letteralmente caduta dalle nuvole. Fortunatamente nel Comune di residenza dei miei genitori il servizio è disponibile, per cui basta organizzarsi: raccolgo l'olio a parte e, quando la mia bottiglia è piena, gliela lascio da smaltire insieme al resto. Tuttavia, conoscendo l'importanza della risorsa acqua, sarebbe bene che la politica e gli enti preposti si dessero una svegliata per portare la raccolta differenziata dell'olio ai livelli di quella degli altri materiali. Non è facile, il rifiuto olio è molto più difficile da trattare, si tratta pur sempre di composti chimici, e pure pericolosi nel caso dell'olio da frittura. Nell'attesa della svegliata di cui sopra, sta a noi cittadini comuni organizzarci: in fin dei conti, è per il nostro bene, per quello delle nostre tasche, per quello dei nostri figli e dell'ambiente in cui viviamo. Già questo dovrebbe bastare a zittire sul nascere ogni polemica sul "chi deve fare cosa".

Grazie per la lettura, a voi i commenti!!