lunedì 1 maggio 2017

I TRE GIORNI PIU' LUNGHI

Tre giorni. Tanto è bastato per cambiare per sempre il mondo della Formula 1, riportando improvvisamente sulla terra persone ed organizzazioni che si ritenevano invincibili e si cullavano nell'illusione che nulla di grave potesse più succedere. Erano passati molti anni ormai dalle tragedie di Gilles Villeneuve, di Riccardo Paletti (1982) e di Elio de Angelis (1986), la tecnica aveva fatto passi da gigante, qualcuno si azzardò persino a dire "Con queste macchine, più sicure di così, si muore", mentre qualcun altro, Ayrton Senna, aveva mostrato preoccupazione all'inizio della stagione 1994 dicendo esplicitamente che, con quelle macchine, sarebbe stata una gran fortuna se nessuno si fosse fatto male durante la stagione. Quali erano dunque le reali premesse del campionato di Formula 1 del 1994?

Facciamo un passo indietro: nel periodo 1984-1993, il titolo piloti era stato una questione privata tra Williams e McLaren, mentre squadre storiche come Ferrari, Tyrrel, Brabham, Lotus e Ligier erano in grave crisi. In più, l'elettronica era entrata in maniera prepotente negli abitacoli delle auto tanto che, se non fosse stato per normalissimi problemi di gioventù e affidabilità del sistema sulla sua Williams, Nigel Mansell sarebbe già stato campione del mondo nel 1991, al posto di Senna. La Lotus, proprio grazie a Senna che le aveva imposte e pretese, aveva sviluppato le "sospensioni attive", un sistema intelligente che consentiva di controllare l'altezza da terra dell'automobile in ogni momento durante la corsa. Per i profani, questo significa una maggiore stabilità e controllabilità, il che ad alte velocità non guasta. Solo che, in caso di avaria, erano guai: la macchina strisciava per terra, e se questo succedeva ai 300 all'ora, si rischiava grosso. Chiedere ad esempio ad Alex Zanardi, che da un secondo all'altro si ritrovò più alto di 3 cm dopo un botto a Spa-Francorchamps nel 1993. 

Tutto questo fece sì che, per il 1994, l'elettronica a bordo delle vetture fosse praticamente azzerata per regolamento, ufficialmente per garantire maggiore spettacolo e restituire al pilota un ruolo predominante. Solo che nessuno aveva fatto i conti con i progettisti: tutti infatti avevano disegnato le vetture per il 1994 prevedendo l'utilizzo dell'elettronica per cui, al cambio di regolamento, si limitarono a toglierla pedestremente, mandando in pista le macchine così com'erano, riadattandole per il minimo indispensabile. Da qui l'affermazione di Senna citata in precedenza: le vetture risultavano imprevedibili, scorbutiche, difficili da guidare e da portare al limite. In definitiva, poco sicure. Solo la Benetton del giovane Schumacher sembrava esente da questi problemi...ma questa è un'altra storia.

La stagione 1994 iniziava quindi con grandi incertezze dal punto di vista tecnico, e anche le avvisaglie sulla sicurezza non erano delle migliori: il ferrarista Alesi si era infortunato gravemente durante un test privato, così come JJ Lehto, compagno di squadra di Schumacher. Si proseguì come se nulla fosse, fino al GP di San Marino, che cambierà per sempre la storia della Formula 1.
Il crescendo di incidenti, paura e dolore iniziò già al venerdì: la Jordan del giovane Rubens Barrichello decollò e si schiantò a tutta velocità contro le barriere della Variante Bassa, per colpa dell'esplosione di una gomma. Il brasiliano, incredibilmente, se la cavò con lesioni di pochissimo conto, anche se fu costretto a saltare la gara.

Questo però era solo l'inizio, perché durante le prove del sabato tutti, fans e addetti ai lavori, sbatterono la faccia contro lo scenario peggiore: Roland Ratzenberger, pilota pressoché sconosciuto con una lunghissima gavetta alle spalle, si schiantò con la sua Simtek ai 320 orari contro il muretto in cemento della curva Villeneuve. L'immagine della carcassa della vettura con un buco nella scocca, e la testa del pilota che ciondolava inerte dall'abitacolo fecero calare il gelo sull'autodromo di Imola. I soccorsi, tempestivi, furono inutili: Roland (come confermato anche dall'autopsia) era morto sul colpo, anche se per non fermare il Gran Premio fu messo in scena uno squallido teatrino per poter dichiarare il decesso all'arrivo in ospedale. Perché the show must go on, soprattutto se in ballo ci sono un bel po' di soldi. La domenica, l'epilogo noto a tutti: prima l'incidente alla partenza, con i detriti che feriscono gli spettatori, poi la Williams di Senna che va dritta alla curva del Tamburello, i soccorsi, e la morte quattro ore dopo in ospedale a Bologna per colpa di un incredibile scherzo del destino. Altri piloti si erano già schiantati in quel punto uscendone magari malconci ma vivi: un pezzo di sospensione, che trafisse il casco sopra l'occhio destro, diede il colpo fatale al campione brasiliano.

Dopo i fatti di Imola 94, la dirigenza della Formula 1 fu presa da un'isteria collettiva, facendo inserire varianti posticce nei vari circuiti ed imponendo modifiche alle vetture per limitarne potenza e velocità. Per la cronaca, questi provvedimenti non servirono un granché: anche se non ci furono più morti, la sequela di incidenti continuò per tutta la stagione. Il tutto nell'attesa di capire esattamente le cause della morte di Ratzenberger e Senna, cause che, nel caso del brasiliano, vennero fuori solo dopo omissioni e goffi tentativi di depistaggio, anche da parte dei suoi stessi colleghi e della Williams.

L'importanza di questi due piloti, a tanti anni di distanza dalla loro morte, la si vede dal ricordo che, tutti gli anni, si ravviva sui giornali e sul web. Senna, in particolare, è un punto di riferimento perfino per chi ha vissuto marginalmente i suoi successi per questioni anagrafiche, o non era neppure nato. Magico potere della rete, che fa rivivere per sempre le imprese del passato. Ayrton aveva anche i suoi lati oscuri, certo. Eppure, se è passato alla storia dello sport, è stato anche per il suo essere umano all'esasperazione, con i suoi pregi e difetti, che lo portarono e lo portano ad entrare nel cuore di chi vide, e rivede tuttora, le sue gesta.

VALEU SENNA!!!

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